Home Page Il Club Attività del Club La nostra Storia Gli Itinarari Tecnica e sicurezza I nostri amici Compro e Vendo Il nostro Forum, www.clubdelgommone.com/forum

La nostra storia
Pavia Venezia
Raid Storici
I Presidenti
Le nostre brochure
Raid dei Balcani
Periplo della Corsica
Peloponneso
Yugoslavia
Raid del Marocco
Milos
Otranto Kushadasi
Raid Mare 7
Mare nostrum
Pur che galleggi
Promo
Prima riunione dei club
Stranaviglio 1983

Le rotte della storia
La battaglia di Lepanto
Il Canale di Corinto
L'Arsenale di Venezia

Il Club
Chi Siamo
Presidentepensiero
Consiglio Direttivo
Supersocio
Dove siamo
Iscrizioni
Statuto
Regolamento
Notiziando
Notiziando news
Blob
Crediti
Link Utili
L'Usato

Attività
Programma Nautico
Gare - I nostri Campioni
Assistenza Manifestazioni
Concorso Fotografico
Salone Nautico di Genova
Rafting
Convenzioni

Riva Venezia2002
Riva Portofino2003
Riva Portorose2004
Riva Venezia 2006

Itinerari
Eolie
Grecia - Le isole degli dei
Croazia
Isole del Quarnaro
Costa Brava
Crociera Partenopea
Grecia - Peloponneso
Grecia - Santorini
S.Vincenzo - Sapri
Costa Azzurra
Il Reno
Pavia Venezia
Argentario
Elba
Gallipoli
Lago di Lucerna
La Chiusa a piano inclinato
Egeo
Egeo uno
Splendida Ponza
Sardegna Costa Smeralda
Costa del Cilento

Tecnica
GPS (DBG)
Flap
Emissioni dei motori
VHF
Il cane a bordo
Il medico a bordo
Organizzazione crociere
Eliche
Le batterie
Installazione motori
Dotazioni di Sicurezza


CORSICA 1980

di Virginio Gandini

Copertina Mare 2000Il periplo della Corsica descritto nelle pagine successive é stato effettuato nel 1980,  per la verità non era il primo e tanto meno l’ultimo, era però il primo pubblicato su una rivista del settore (Mare 2000 Agosto 1982). In effetti il giro é iniziato e concluso a Castiglion della Pescaia in Toscana, ma i responsabli della rivista non hanno voluto pubblicare la parte “diseducativa” della traversata in quanto i mezzi non erano omologati oltre le sei miglia.

IN GOMMONE PER SCOPRIRE LA CORSICA
"
Miglio dopo miglio l’intero periplo di quest’isola selvaggia e affascinante. Tutti i ridossi più sicuri e le spaggie dove é possibile campaggiare. Come attrezzare il gommone per navigare in sicurezza."




L’arrivo a Bastia non è certo dei migliori, il motore mi pianta proprio nel mezzo del porto vecchio, fra una draga e un peschereccio.  Per evitare che il mio gommone faccia la fine di una sottiletta in un panino, mi butto a prua e, a remi, faccio gli ultimi 50 metri che mi separano dalla banchina, pagaiando come un forsennato sotto il sole di mezzogiorno. Dalla banchina gli amici mi danno una mano: tolta la calandra e cambiate le candele, il Volvo parte subito, facendo però un sacco di fumo.  La miscela è troppo grassa, cambierò serbatotio. Ora l’importante è mettere qualcosa  sotto i denti. 
Alzo la testa e sopra di noi, in mezzo al gruppo di case che sovrastano il porto vecchio, spicca il terrazzo di quello che sembra un ottimo ristorante. Restaurant La Grotta: lo proviamo subito. Da lì dominiamo tutto il porto, gommoni compresi. Gustiamo il paté de merle.  A quanto pare, i corsi ne vanno veramente matti, lo troveremo dappertutto sull’isola.
L’arrivo di alcune barche di pescatori ci distoglie dai piaceri della tavola: dobbiamo spostare i gommoni. Tanto vale spostarci verso Macinaggio, anche perché è domenica  e qui il distributore in banchina è chiuso; a Macinaggio ce ne sono due e uno sarà senz’altro aperto.
All’uscita del porto ci accorgiamo che il mare è rinforzato. Per fortuna viene da sud-est, quindi l’abbiamo al giardinetto, se così si può chiamare il cono di poppa del gommone. Alziamo un po’ di spruzzi, ma l’andatura è buona. Stanno peggio gli equipaggi con i gommoni più piccoli, ma sono già le quattro del pomeriggio e per poter campeggiare  dobbiamo arrivare almeno al ridosso di Capo Corso.
Traversata del Golfo di Ajaccio

In un giro così lungo e impegnativo, sarebbe importante che gommoni e motori fossero simili per lunghezza e potenza. Purtroppo, invece si scende sempre a compromessi e così siamo partiti con due gommoni da quattro metri con motori da 20 Hp, tre Bat 7 da 5 metri con 40 Hp, un Mirage da quattro metri, e un Bat 10 da 5 metri e mezzo con due Volvo da 40 Hp. Tenerli tutti vicini non è stato facile.

L’entrata a Macinaggio presenta qualche difficoltà, perché il porto è pieno, come al solito, e il vento provoca gran scompiglio, con ancore che arano e via dicendo. I distributori sono aperti: il primo in banchina ha solo benzina super, l’altro è a 20 metri dal porto, ma ha la benzina normale che tutte le case di motori consigliano a chi la miscela se la fa da solo. E siccome sono all’inizio delle vacanze non voglio sorprese. E così scegliamo il distributore più lontano. Facciamo anche acqua e ce ne andiamo subito.

Macinaggio è ben protetto, ma per noi che dobbiamo piantare le tende non va bene... a meno di inchiodarle sul cemento armato delle banchine.

Passata l’isola di Finocchiarola, troviamo un po’ di ridosso, a patto di restare molto sottocosta. Più avanti, Baia Santa Maria è riconoscibile dalla torre genovese posta a livello del mare e spaccata verticalmente a metà. Va benissimo per campeggiare. La baietta è rivolta verso Nord-Est ed è perciò protetta dal maestrale, vento dominante in estate. Per di più la spiaggetta permette di alare agevolmente i gommoni. Noi però vogliamo guadagnare un po’ di strada e non ci fermiamo. Passiamo Capo Corso un po’ troppo di volata; d’altronde è già tardi e vogliamo superare il porto di Centuri. Dopo Capo Corso il mare è piatto o quasi. Solo lontano dalla costa lo si vede biancheggiare.

Isole SanguinarieRaggiungiamo l’ansa di Aliso alle 20, lasciamo i gommoni all’ancora e piantiamo le tende. Stasera scatolette.  La notte è tranquilla e il vento è calato, solo verso le due un tipo con una Dune Buggy si mette a zigzagare fra le tende; rischia, fra l’altro, di investire un ragazzo che dorme vicino a noi in un saccoa pelo. A un tratto l’automobilista pazzo resta bloccato nella sabbia.  Usciamo tutti dalle tende e senza dire una parola gli liberiamo la macchina, purchè se ne vada e ci lasci finalmente in pace.

Al mattino, il vento, reso più forte dal canalone che ci sta alle spalle, solleva nuvole di sabbia, partiamo di corsa e appena usciti dalla baia, a ridosso dalla costa, il vento cessa. Se è vero che il tempo si vede dal mattino...

La costa in questo tratto è molto alta e frastagliata. Ogni tanto si aprono dei canaloni che, con vento da est, sparano fortissime raffiche in mare. A vela evremmo avuto dei problemi, in gommone... ne abbiamo ancor di più perché sono tutte docce gelate.

In vista dell’enorme spiaggione di ciotoli neri di Nonza decidiamo di fermarci per visitare il paese a picco sul mare. Ancoriamo davanti alla spiaggia: già a qualche metro dalla riva c’è un fondale rispettabilissimo. Ne so qualcosa  perchè, buttandomi in acqua convinto di toccare, sono finito sotto di qualche metro.

Il panorama, visto dal paese, è stupendo, il tempo è cambiato e si è messo al bello. Lo spiaggione è completamente deserto. Viene subito da pensare a Rimini, dove a quest’ora faranno i turni per entrare in acqua.
Il paese è molto bello e raccolto, ci sono dei ruderi e c’è la solita torre genovese, una delle tante che sono sparse per tutta la Corsica. Facciamo anche colazione, visto che stamattina abbiamo dovuto sbaraccare in fretta a causa del vento  che sollevava nuvole si polvere e sabbia.

Lasciata Nonza, puntiamo per Saint Florent. La costa è meno bella, non permette di attraccare, ma nello stesso tempo è più bassa. Manca insomma lo scenario della costa che cade a picco.

All’ingresso del porto la scritta “Saint Florent”  è corretta con vernice spray in dialetto corso: San Fiorenzu. Il marina è molto grande  e, per quanto sia affollato c’è un sacco di posto. In banchina c’è tutto: benzina, acqua, posta e telefoni. Ne approfitiamo per fare i permessi in gendarmeria per la pesca subacquea. Il permesso consiste nel prendere visione delle zone dove non è possibile pescare, pagando una piccola tassa.  Il gendarme, addirittura gentilissimo, ce le segna sulle nostre carte nautiche. Per mangiare, di fronte al porto c’è una fila di ristoranti  e una tavola calda fa servizio 24 ore su 24, Oliver il nostro “playboy” rimedia un appuntamento  per novembre a Parigi con una cameriera. Comodità delle comodità: in fondo al porto c’è un campeggio sotto una fitta pineta con tanto di banchina. Non a tutti, comunque, gradiscono questa sistemazione; c’è chi vuole la spiaggia deserta e chi preferisce un minimo di comodità. Io non me la sento di mettermi ancora in mare, anche perché si è fatto tardi.
Quindi ci diamo appuntamento per l’indomani su una delle spiaggette fuori dal porto, sulla costa di quello che chiamano il Deserto Des Agriates.  Faccio un po’ di spesa, una buona doccia e poi a nanna, cullato da una parte dallo strimpellare di una chitarra e dall’altra dal ronfare del mio vicino di tenda.
Al mattino, subito colazione al bar e poi via, alla ricerca dei dissidenti. Fuori dal porto li sentiamo subito via radio. Meglio, così non perdiamo tempo a cercarli. La spiaggia è veramente deserta e la baietta tranquilla è appena dopo punta Mortelle, dopo il secondo faro uscendo da Saint Florent verso nord-ovest. Decidiamo di fermarci qualche giorno e monto subito la tenda smontata un’ora prima, ma l’amico Antonio non ne ha voglia: il campeggio l’ha già un po’ stancato e preferisce portarsi fino al Ile Rousse per trovare un buon albergo.
Ci diamo appuntamento a Calvì fra  due giorni, tanto lui non ha problemi conosce già la costa: e ha un Bat 10 con due motori.
Il mare è molto invitante e cominciamo a usare i nostri permessi di pesca. Usciamo con il mio Bat 7, più che mai agguerriti, mentre le donne preparano le padelle. Il  fondale è ricco di tane e dopo qualche immersione cominciamo a prendere qualcosa. L’acqua è limpidissima, a cadute di massi si alternano letti di posidonie e spiazzi di sabbia bianca.

Risaliamo poi sul gommone e mi accorgo che il timone non governa più, si è rotto il cavo della timoneria, proprio all’altezza della staffa che lo fissa allo specchio di poppa, questa non ci voleva, torniamo a riva tenendo il minimo, con Oliver che governa  spostando a destra e a sinistra il testone del Volvo, ma ho davanti ancora tutto il giro della Corsica, e bisogna quindi rimediare. Al campo smonto tutta la timoneria. purtroppo non c’è niente da fare, va proprio sostituito il cavo. Conviene tornare a Saint Florent, dove avevamo visto diverse officine meccaniche.

Mauro mi accompagna con il suo gommone. A Saint Florent capitiamo bene. Il meccanico è molto gentile e ben attrezzato, ma un cavo uguale non c’è, dobbiamo adattarne uno. C’è un pezzo da filettare e il resto lo dovrò fermare io in qualche modo. Il tutto mi costa sulle ottanta mila lire. Pazienza, l’importante è poter proseguire. Un’altra giornata è passata. Di notte una volpe ci fa visita, si affaccia alle tende e poi scappa. Il mattino seguente un’altra sorpresa, il Selva 50 Hp di Alessandro non vuol saperne di partire. Qualche noia l’aveva data anche prima, ma adesso sembra proprio scoppiato. Smontiamo le candele, il carburatore e proviamo anche con dell’etere; niente, Saint Florent aspettaci! L’amico meccanico, arrivato in banchina con il camioncino per il pronto intervento, scuote la testa, deve portare il motore in officina e smontarlo. Ci vorrà qualche giorno e per noi il tempo stringe.

Offriamo ad Alessandro e a sua moglia di continuare con noi, lasciando in custodia il suo gommone per poi riprenderlo a fine giro con macchina e carrello. Problemi di posto non ce ne sono , io sono solo sul mio gommone e Mauro anche. Alessandro però non ne vuol sapere. Dice che ci raggiungerà alla Girolata.

Ormai sono le 17 e per Calvì ci sono 26 miglia; conviene darci dentro. Mauro in testa tira il gruppo, io per secondo e gli altri dietro. Il mare non è proprio buono, c’è onda lunga da maestrale e dobbiamo star ben lontani dalla costa per evitare le onde riflesse. Arriviamo a Calvì  intorno alle 20, facciamo un rapido giro in porto, troviamo il maxi-gommone di Antonio, ma lui non c’è. Di  sicuro è in qualche ristorante. Lo troveremo l’indomani mattina.
Il mare è diventato un olio e così ancoriamo i gommoni davanti alla spiaggia, sbarchiamo tendine e fornelli, Massimo cucina e noi armeggiamo al buio con picchetti e cordini. Notte calma.
Alle 5 del mattino siamo svegliati da gente che corre. Sono legionari in tuta ginnica che, con due sassoni in mano, corrono su e giù per la spiaggia. Abbiamo piantato le tende vicino alla caserma, una costruzione bassa proprio al centro del golfo. E’ una fortuna, perchè all’esterno ci sono delle docce e noi ne approfittiamo immediatamente.

Calvì, oltre ad avere un ottimo e nuovo porto, è anche una bellissima cittadina, dove si può trovare di tutto, con benzina e acqua in banchina: facciamo il giro della cittadella vecchia e davanti al porto scopriamo un ottimo ristorante. Troviamo anche Antonio, contentissimo pure lui, nonostante gli scarafaggi dell’albergo.

Prossima tappa, la Girolata. Dal faro della Revellata alla Girolata è la parte più bella della Corsica.  Per scoprirla tutta, va costeggiata anfratto per anfratto come solo con un gommone si può fare. La costa è ricca di grotte, faraglioni e fiordi; in alcuni di questi si può entrare e uscire cento metri più avanti, senza che dal largo si veda nessuna entrata. Le rocce passano  dal color giallo al rosso,  in contrasto con il blu intenso del mare.

Punta Palazzo è impressionante con altissime guglie che escono dal mare per  centinaia di metri. Poi si apre il golfo di Girolata. Le rocce rosse adesso sono tutte incappucciate di verde e la costa si fa più dolce: proprio qui incontriamo un gruppo di delfini, i primi da che siamo in Corsica.

Giocano, uno salta a mezzo metro dal gommone di Oliver, passa sotto il mio e riemerge davanti. un altro si tiene ritto sulla coda e fa evoluzioni strane come se fosse addomesticato. Alla Girolata, il ridosso é ottimo, ma è impossibile campeggiare. Sulla spiaggia c’è un ristorante e diversi  magazzini di pescatori, una rete impedisce di arrivare agli spiazzi che stanno dietro.

Si può però fare un po’ di provviste e in una specia di gabbiotto c’è anche un telefono a scatti, di proprietà del ristorante.  Ci accampiamo su una spiaggia fuori dalla Girolata. Sulla cartina è segnata come Ansa di Tuara.
Ancoriamo i gommoni nella parte nord della baia, a ridosso di una piccola punta. Stasera ci tocca un’altra scorpacciata di scatolette.
Restiamo qui tre giorni, un po’ per il mare brutto, un po’ per aspettare Alessandro. Al quarto la sveglia è alle  5, smontiamo le tende ancora umide e ce ne  andiamo velocemente. Alessandro, vista la difficoltà delle riparazioni rientrerà in traghetto.

Tagliamo tutto il golfo di Portò, contiamo di arrivare per sera a Propriano. Ci sono 50 miglia e dobbiamo fare benzina. A Portò non ce n’è in banchina, il distributore più vicino è a Cargese o a Sagone, decidiamo per Sagone. Intanto si è alzato un bel venticello da sud-ovest.  Speriamo bene.

A Sagone non esiste un porto vero e proprio, c’è solo un molo nella parte ovest  della baia e una specia di imbarcadero  malridotto nella parte est. Le barche sono tutte ancorate al centro della baia.  Di benzina e acqua neanche a parlarne e, purtroppo, siamo tutti a secco. Dobbiamo titare in spiaggia i gommoni e, tutti in processione coi serbatoi in spalla, attraverso un sentiero avviarci al distributore sulla provinciale.

A mezzogiorno mentre pranziamo sulla spiaggia, il motoscafo di un locale si impiglia con l’elica nella cima del gommone di Antonio, l’unico che aveva ormeggiato al piccolo molo. Quest’ultimo,  quando vede il francese che dal pram, con un coltello da sub, sta per tagliare la sua preziosa cima, si precipita al molo e gli grida di fermarsi, ma il francese continua. Antonio balza sul pram. Vola qualche cazzotto e il pram si rovescia: finiscono in acqua tutti e due, vestiti e coltello in mano. Intanto sia il motoscafo, sia il gommone, spinti dal vento, vanno alla deriva: i due litiganti sono costretti ad interrompere le ostilità  e a recuperare le proprie imbarcazioni, il molo intanto si riempie di gente che commenta ironica, parteggiando ovviamente per il loro connazionale.  Antonio, raggiunto il gommone, manovra per accostare alla banchina e mi lancia, troppo forte, una cima, che finisce come una frustata sul gruppo di francesi vocianti al mio fianco. Attimi di paura! Tentativo di linciaggio... beh! il resto oramai l'ho rimosso dall'inconscio.Bonifacio

Il vento adesso viene deciso da libeccio; il  mare al largo biancheggia. Per attraversare  il golfo ed evitare lo onde di prua, puntiamo su baia Liscia e da qui scendiamo costeggiando.

Solo in qualche ansa troviamo un po’ di ridosso, ma appena fuori dalle punte i gommoni, presi dal vento, si impennano, io butto tutto quel che posso a prua ma immancabilmente, dopo qualche ondata, ritorna tutto indietro. Passato  capo Feno dirigiamo verso le Sanguinarie (le isole). Adesso le onde sono al mascone, quasi al traverso e, pur ballando, si viaggia meglio. Oliver e Claudio sui gommoni più piccoli stanno peggio; Oliver, poi, sta seduto sul fondo con legata al collo la cappa da notte, a mo’ di barbiere, ed è sempre più deciso per l’alpinismo.
Sostiamo al riparo delle Sanguinarie e sistemiamo il carico; decidiamo di tagliare tutto il golfo. Aiaccio è un po’ troppo affollato e dalle Sanguinarie a capo Muro ci sono una decina di miglia. Intanto il vento  è calato parecchio. Da capo Muro a Propriano altre 12 miglia.

Arriviamo che sono le sette di sera, in tempo per un “pastis” e un po’ di spesa. Ci accampiamo appena fuori dal porto, su una  spiaggetta dietro una punta, a capo Lauroso. Mai scelta fu più sfortunata: poco lontano, nascosta da una pineta, c’è una discoteca e alle spalle della spiaggia dove  abbiamo piantato le tente c’è un  posteggio. Vi lascio immaginare il resto.
Al mattino quando lasciamo Propriano, c’è sempre onda lunga da ovest;  sembra di correre sulle dune. Sono in testa al gruppo quando arriviamo a punta di Campo Moro e improvvisamente, sento un gran puzzo, tolgo il gas e mi accorgo di essere in mezzo a una gran macchia di gasolio; più avanti, vicino a degli scogli affioranti, escono dall’acqua gli alberti di una barca. Ecco da dove arriva il gasolio: dev’essere successo ieri sera o stanotte. Mi sbraccio verso i miei soci, hanno capito e se ne stanno alla larga. Piano piano mi porto fuori dalla macchia e li raggiungo.

Restiamo a guardare, fa sempre impressione un relitto così recente.

Più avanti punta Senetosa. Qui le rocce della costa assomigliano a quelle della Gallura, rotonde e di granito.
Il vento viene deciso da sud-ovest, il mare comincia  a frangere e questo non è certo il punto migliore per farci sorprendere da una libecciata.  Siamo al traverso degli scogli dei Monaci e decidiamo per Bonifacio, saltando il pur bel fiordo di Figari. Dodici miglia dice il Mancini. Le onde sono al traverso, frangono sui tubolari e il vento porta a bordo un sacco di spruzzi. Entriamo in Bonifacio coperti di sale, in fila indiana e con motori al minimo, l’ideale  per ammirare le bianche pareti di calcare. In alto sulla sinistra , un gruppo di capre, come fossero incollate, se ne stanno all’ombra  delle rocce. A destra la vecchia cittadella, in fondo il marina, nuovo e attrezzatissimo.
Per prima cosa, doccia e barba al Club  Nautico, cinque franchi; dal Club, si può anche telefonare, ho qualche difficoltà solo quando mi chiedono il nome della barca  per registrarla.  Il comandante, degnissima persona e vero uomo di mare,  quando gli spiego il nostro giro ci dà tutto  l’aiuto possibile e così possiamo lasciare  i gommoni nel marina. Per mangiare, nonostante l’ora tarda, abbiamo un riferimento ben preciso, La Rascasse, Massimo e Mauro c’erano già stati: ne parlavano da Bastia. Ottima la “paella”, ne sa qualcosa Rosy, che dopo aver finito il suo piatto è riuscita a finire anche il mio.  Nel pomeriggio ci accampiamo nella prima spiaggia  entrando in porto, cala dell’Arenella, riparatissima.
Il giorno dopo, passiamo la mattinata in completo relax e nel pomeriggio,  nonostante il mare sempre più grosso, Mauro, Massimo ed io facciamo la nostra bravata. Usciamo con i nostri tre gommoni diretti a Lavezzi.  Gli altri ci raggiungeranno l’indomani sperando in un mare più calmo. Già nell’avanporto butto un serbatoio a prua per  contrastare il vento per rimetterlo al suo posto una volta girata  Punta del Timone. Il mare e il  vento adesso sono di poppa. Comincio a dare e togliere di gas; passato Capo Pertusato, le onde sono veramente grandi e lunghe. L’importante è non lasciarsi intraversare nel cavo delle onde. Vedo Massimo e Mauro solo quando sono in cima alle creste, poi spariscono. Un’ora e mezzo per fare sei miglia. Tra Lavezzi e Cavallo è pieno di scogli e bassifondi.

Ancoriamo a cala Greco e montiamo le tende duecento metri all’interno, a ridosso di enormi massi, proprio sulla destra del piccolo cimitero della Semillante. A parte i moscerini del mattino, le vespe del mezzogiorno, le zanzare della sera e i “puffin di sant’André”, una specie di berte di mare che di giorno vivono in buchi sottoterra e di notte lanciano urla da accaponare la pelle, Lavezzi è splendida.

Gli amici ci raggiungono il giorno dopo, almeno ci dividiamo le vespe. Restiamo quattro giorni e facciamo puntate anche nelle isole di La Maddalena  e nella vicina isola di Cavallo.

Al quinto giorno siamo di nuovo in navigazione, risaliamo la Corsica passando per l’isola Piana. Qui a Punta Sperone, in una piccola insenatura rivolta verso est e riparata dall’isola, scopriamo la più bella spiaggia  di tutta la Corsica, racchiusa fra alte pareti ricoperte di vegetazione, con una sabbia bianchissima, impalpabile, tanto da sembrare borotalco. Me la segno per il prossimo anno: voglio tornare per godermi questo incredibile e bellissimo angolo di Corsica.
Passato il golfo di Santa Manza, il cielo comincia ad annuvolarsi, speriamo che non cominci a piovere, sarebbe la prima volta da quando siamo partiti.  Entriamo a Porto Vecchio ancora asciutti. Faccio benzina, poi copro per bene il gommone: sono sempre dell’idea che non la passiamo liscia. Infatti siamo al ristorante quando vien giù un furibondo acquazzone, che per fortuna si esaurisce in un attimo.
Campeggiamo nella baia di San Cipriano, sotto gli alberi, sulla sinistra entrando. Una specie di rigagnolo ci separa dalla spiaggia, per altro frequentatissima.
San CiprianoLasciamo in acqua i gommoni, al riparo della punta. Il posto non è male, peccato che le zanzare siano grosse come piccioni. Ci consoliamo in una delle baracche dietro la spiaggia, con grosse costate alla brace.
La mattina dopo c’è mare calmo e assenza di vento. Meglio così perchè contiamo di arrivare sino a dopo Campoloro, facendo tappa ad Aleria. Stamane regna la disciplina nel gruppo. Grazie al mare calmo, nessuno scappa avanti e nessuno resta indietro. Viaggiamo uno di fianco all’altro in perfetto allineamento. Sembra quasi uno sbarco di commando, in formazione.
Dopo Solenzara, comincia una lunga spiaggia: quasi cinquanta miglia, fino a Bastia.  Dietro la spiaggia c’è una foltissima pineta. Con mare calmo vale la pena di fermarsi.  Peccato che una vasta zona sia militare e qualche miglio prima di Aleria, in località Casabianda, ci sia un penitenziario, con divieto assoluto di sbarco, anche perchè i detenuti girano liberi.

Per una grossa  barca, l’unico porto è Campoloro. Con i gommoni, invece, c’è possibilità di risalire per un pezzo la foce del Tavignano (attenzione alla barra di sabbia all’ingresso), oppure di entrare nello stagno di Urbino o in quello di Diana. Quest’ultimo vicinissimo al Tavignano. Alle spalle, l’antica città di Aleria. Ci fermiamo in una trattoria sulla spiaggia, modesta ma con pesce fraschissimo.  Nel pomeriggio rifornimento e doccia a Campoloro, attrezzatissomo marina sempre per metà vuoto. Da qui a Bastia ci separano le ultime 25 miglia, il nostro giro è finito.

 

Il Club - Attività - Itinerari - Storia - Il Club consiglia - Un po' di Tecnica - L'usato

Torna alla pagina iniziale
home

club del gommone ®