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Dalla Spagna al Marocco

1979

di Riccardo Ieri
articolo pubblicato sulla rivista “il Gommone” del Febbraio 1979



L’organizzazione delle proprie vacanze in gommone è spesso un piacevolissimo impegno invernale per tutti gli appassionati del settore: si passano mesi a progettare itinerari e ad affrontare problemi logistici, tecnici e soprattutto equipaggi; spesso però questo lavoro di preparazione non è sufficiente a garantirci dei validi risultati.Questo vuol essere un modesto “dossier” per un itinerario estivo forse nuovo per molti “aficionados” del mezzo pneumatico, ma comunque ricco di sorprese, soprattutto dal punto di vista paesaggistico e burocratico.L’idea era nata nelle nebbiose serate invernali come novità rispetto agli usuali (almeno per noi) giri nel Mediterraneo orientale, e l’andare del tutto ad ovest aveva il suo fascino.
Ecco in breve il nostro programma:
Partenza da Algeciras (stretto di Gibilterra) – puntata lungo le coste atlantiche di Spagna e Portogallo fino a Cabo S. Vicente (Algarve) – rientro rapido nel Mediterraneo e navigazione lungocosta fino a Adra (Almeria) – salto del bacino di Alboran fino a Melilla (città spagnola sulla costa marocchina) e ancora con calma lungocosta fino allo stretto di Gibilterra – attraversamento dello stretto verso Algeciras ... e tutti a casa.

Di fatto, però, come si dice, non tutte le ciambelle vengono col buco e a tutti coloro che fossero interessati a una simile “quasi crociera” basti sapere che, dopo un’attenta consultazione delle pubblicazioni di carattere nautico riguardanti la zona (non ce ne sono), l’esame attento dei portolani (volume 2A e 2B dell’idrografico e n. 67 dell’Ammiragliato inglese) e di tutti i depliant e ciclostilati dei vari uffici turistici dei cinque paesi toccati, i tapini non avranno che un quadro incompleto e soprattutto distorto del problema. Difficoltà per i permessi. Solo sullo stretto di Gibilterra l’unica possibilità di varare il proprio gommone è lo scivolo al Club Nautico di Algeciras, ma il problema principale è ottenere il permesso necessario in Capitaneria (lettera al Console italiano locale, ore di anticamera, funzionari che non si trovano, preventivo di giorni di attesa ecc. ecc.). Nessun ufficio turistico spagnolo lo dice, o lo sa, ma per navigare nelle acque sopra citate è necessario un permesso di varo, un permesso di navigazione, un permesso di alaggio e comunque e proibito lo sbarco libero o la sosta, specie se notturna, su tutte le spiagge della zona (noi lo abbiamo scoperto “dopo”). Per quanto riguarda il varo decidiamo di rischiare evitando le lungaggini burocratiche necessarie per ottenere il permesso richiesto e, inventando qualche storia, ma soprattutto pagando le 500 peseta richieste per l’uso dello scivolo (circa 5.000 lire), ci dirigiamo verso la spiaggia più vicina per trascorrervi la notte (ignari). Non bisogna preoccuparsi poi quando, a ore diverse, ben due pattuglie di “carabineros” vi obbligano nel cuore della notte a smontare la tenda e vi ributtano a mare senza troppi complimenti.

E’ bello lo stretto di Gibilterra di notte ma in gommone lo sconsigliamo a chiunque.  Il traffico di navi e barche locali è incredibile e, anche se i segnalamenti a terra sono ottimamente individuabili, trovarsi sballottati su onde alte e ripide, molto ravvicinate e che vi nascono da sotto il gommone per effetto delle correnti di marea, senza un apparente senso o direzione e in più con la fifa di venire arrotati dalle solite mega-petroliere che vi sfilano a pochi metri, non è certo il sistema migliore di godere le sudatissime ferie. E’ l’alba quando entriamo Tarifa, strano porto appena fuori dello stretto. Impieghiamo solo quattro ore a compilare i moduli della polizia, dei carabineros, della dogana, della capitaneria di porto ove, da un gentile funzionario veniamo informati che alla stregua di navi vere e proprie avremmo dovuto obbligatoriamente compilare i documenti della libera pratica in ogni porto da lì al confine portoghese.  Comunque ci ribadisce la proibizione di sbarcare su spiagge o altrove all’infuori di detti porto. Fine quindi del camping nautico, fine dell’escursione in Algarve perché la scelta è semplice: o si fa un raid, un’impresa bislacca, magari finanziata da qualche grande casa, o si va semplicemente in ferie con il proprio gommone, e di fronte a simili intoppi imprevedibili si gira la prua dando un addio al Portogallo e all’Atlantico e si ritorna al di qua delle colonne d’Ercole. La costa del Sol (sud della Spagna) è una monotona sequela di esempi di speculazione edilizia e scempi paesaggistici, ottimi per gli amanti dell’hotel, spiaggia, night, ma non ideali per i nostri gusti. Tutto previsto del resto, salvo la notevole esosità dei locali club nautici e porti turistici, unici “sbarcatoi” possibili purtroppo, dove una sosta di solo un’ora per far benzina e pranzare vi può costare dalle due alle tre mila lire per gommone.Il carburante è facilmente reperibile in tutti i locali approdi: Estepona, Marbella, Terramolinos, Malaga, ma solo a Puerto Banus è veramente comodo, in banchina. 
Nessun problema quindi per i rifornimenti a Adra o Almeria anche se bisogna spesso (taniche in mano) ricorrere ai distributori stradali non poi vicinissimi. Si procede e, superato Motril e un tratto di costa non troppo devastato dal turismo di massa, ma comunque privo di ridossi sicuri o di insenature adatte al campeggio, si arriva a Adra, ultimo paese del nostro rapido bordeggio della costa di Spagna. Ci accoglie un porto decisamente vasto, ma, strano a dirsi, non banchinato e aperto ai venti predominanti estivi (levante). Nessuna paura: esiste un locale club nautico che vi aiuta ad ancorare nel bel mezzo del porto ore onde e risacca imperano e vi accoglie a riva con barchino a remi. L’accoglienza, spiace purtroppo a dirlo, è gelida. A stento con vari viaggi si portano a riva i nostri serbatoi e bagagli; dobbiamo pagare la sosta per una notte sulla nostra ancora (pari a 2.500 lice circa) e versare una cauzione di 20.000 lire per gommone (ancora adesso non abbiamo capito perché). Troviamo la benzina in paese, lungo la statale, più faticosamente un alloggio per la notte, perché naturalmente alberghi e pensioni sono strapieni. Pazienza! Abbiamo la speranza che il Marocco ci riservi libertà e spiagge deserte, lontane da scartoffie, gabelle e polizia onnipresente. E’ da notare che ad ogni approdo su territorio spagnolo corrisponde una minuziosa ispezione di scafo e bagagli da parte della locale polizia, anche se si arriva da dietro l’angolo. Francamente alla lunga il fatto diventa indisponente oltre che faticoso.
Traversata impegnativa
Il 13 agosto traversiamo alla volta del Marocco. Rotta facile: sud pieno; mare liscio, solo qualche nuvola ci suggerisce un po’ di levante in arrivo. In pratica un’ora di pace più altre sette impegnati con una cosiddetta “marejada de levante” con un vento fino a 40 nodi (sapremo poi) che ci accompagna fino a Cabo Tres Forcas mettendo seriamente in crisi la nostra passione per il mare. Navighiamo per circa 100 miglia derivando prima di qualche miglio a est di Alboran (minuscola isola con un faro che il mare sembra scavalchi tanto è bassa e piatta) e poi un poco ad ovest della nostra meta grazie a queste robuste ondate prodotte dai venti e dalla nota corrente che viene da Gibilterra e costeggia verso est la costa africana. Come Dio vuole si arriva e una considerazione sorge spontanea a tutti e quattro i quasi naufraghi approdati su una desolata baia della costa nord del Marocco: quanti fra coloro che usano il gommone come mezzo di svago o barca da crociera non hanno mai pensato che in condizioni-limite può accadere che sia il nostro fisico a cedere prima del mezzo nautico? Sembra strano ma si può soffrire il mal di mare anche su un canotto in planata (pensate alle cadute a piombo degli ottovolanti), si può anche non resistere a ore di vomito quasi continuo mentre anche il lavoro più semplice, come cambiare un serbatoio esaurito o infilarsi uno zoccolo o chiudere la cerata, può diventare un’impresa e richiedere lunghissimi minuti. E’ fondamentale la preparazione del gommone e del motore, ma quante volte ci si dimentica del proprio fisico?  Alimentazione, riposo, indumenti adatti magari un po’ di benedetto allenamento hanno la loro importanza (il mare è bello anche d’inverno e spesso i naviganti del mese di agosto sono meno abituati ad affrontare difficoltà e imprevisti). A noi tutto sommato è andata bene e credo che i ringraziamenti vadano ai costruttori dei nostri canotti e motori ai mai abbastanza 150 litri di carburante, ma anche un poco alle precedenti batostesubite negli anni precedenti un po’ su tutti i mari del Mediterraneo. 
In Marocco
Tornando al Marocco e al suo mare gelido e deserto va detto che ben poche sono le cose tanto inospitali e, a parte tre buone insenature sui fianchi della penisola di Cabo Tres Forcas, ove sembra che la desolazione delle pietraie del Rif si tuffi in mare, tutta la costa fino al porto di Villa Sanjura (Al Hoceima) è un susseguirsi di amplissimi e poco profondi golfi bordati da spiagge strette e sassose spalleggiate da pareti di roccia più o meno a picco. Nessun paese accessibile, niente ridossi o rifornimenti. Andare a terra è se non impossibile, molto pericoloso in quanto il mare vi frange costantemente. Ad Al Hoceina c’è tutto, anche il Club Mediterraneèe, ma non la benzina sul porto. Il paese è in collina a picco sul porto, occorre perciò noleggiare un mezzo che vi porti in città per i rifornimenti. Nel complesso il posto non doveva essere male prima che arrivasse il turismo d’èlite e costruissero una raffineria alle spalle del micro-porto.Via quindi, ad ovest, verso Ceuta e lo stretto. Due sono i punti dove è possibile trovare riparo (non i rifornimenti): il Penon de Velez de la Gomera e Puerto Jebba.Il primo è una roccaforte spagnola in terra marocchina collegata alla terra da una sottile lingua di sabbia, dove è possibile acquistare cioccolato e salsicce se si è fortunati, ma non acqua corrente e benzina. Il secondo un incredibile porto, diciamo “peschereccio”, con relativo miserabile paese ove su decine di barche da pesca nessuna possiede reti o lenze. Su questa costa l’unica tecnica di pesca, o per lo meno senz’altro la più diffusa è il bombardamento a tappeto: subacquei attenzione! L’acqua è gelida, terribilmente torbida, ma soprattutto esplosiva... Si prosegue veloci sempre più sconsolati; sfilano rari paesetti per lo più lontani dal mare e senza possibili approdi fino ad Al Martil, ove il portolano segnala un fiume che, anche se con barra sabbiosa, è risalibile per un poco e offre sicuro ridosso, buono per chi volesse spingersi all’interno per visitare la città di Tetouan. Beh... non credeteci, non è vero.  Il fiume c’è ma i pali che segnalano l’entrata no, e la barra con i suoi robusti frangenti sconsiglia l’ingresso ai gommoni, a meno di non correre seri rischi. Poche miglia più a ovest si alza il promontorio di Cabo Negro e riappare la civiltà: il porticciolo di Mdiq, due grossi villaggi Mediterranée (inaccessibili) e varie installazioni mega-turistiche fino al confine della penisola di Ceuta. Ceuta è una grossa città spagnola in terra d’Africa con un moderno porto e la relativa puntuale e soffocante burocrazia di Spagna, un club nautico attrezzato di tutto fuorché delle banchine per l’ormeggio e del tutto impegnato a non darvi alcuna assistenza.Spiace ancora doverlo dire ma è doveroso nell’interesse di quanti navigheranno in queste acque: non si può pretendere cortesia né tanto meno ospitalità, ma almeno qualche informazione su come sbrigare le pratiche doganali o di entrata è umano aspettarsela da un Club nautico. Essere soci della FIM (Federazione Italiana Motonautica) e quindi della UIM (Union Internazionale Motonautique) a cui del resto tale club è iscritto, non serve a niente. Solo dopo nostre ripetute preghiere ci è offerto un ormeggio alla boa, in mezzo al porto per un canotto alla modica cifra di lire 5.000 al giorno, mentre l’altro rimarrà posteggiato in spazio non custodito, anche se di proprietà del club. Ci viene inoltre consigliato di togliere il motore ausiliario in quanto detto club non si assume alcuna responsabilità sull’imbarcazione. Amen, la regola è sempre quella: spremi il turista e più la barca è piccola peggio trattalo. Tiriamo avanti e, dopo aver recuperato e trasferito camioncino e carrello ad Algeciras (dove li avevamo posteggiati all’inizio del nostro viaggio) a Ceuta con rapido traghetto, proseguiamo verso Tangeri, ultima meta. Agli interessati basti sapere che entrare in Marocco via mare è facile e non esistono problemi. Via terra, specie se con gommone e rimorchio, la cosa è più complicata.
Una cauzione incredibile
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In Italia gli uffici turistici del Marocco negano, ma una volta lì bisogna lasciare “solo un paio di milioni di lire” come cauzione per il gommone all’ingresso del Paese e, dato che la cauzione va pagata in dirham (moneta locale). I rischi di non riavere tutti i propri soldi (in lire italiane) all’uscita sono parecchi.Per noi comunque nessun problema: niente due milioni, niente ingresso. Risolviamo la cosa portando le barche via mare e il furgone via terra.
Per il resto la navigazione lungo lo stretto e l’estremo nord del Marocco non è problematica, a parte la tendenza che ha questo mare a bollire come una pentola, soprattutto lungo le punte più prominenti della costa.  Occorre molta attenzione in questi casi, perché le correnti di marea, se affrontate ad orari sbagliati, creano mare impegnativo per un gommone che si trova a volte ad avanzare su un torrente velocissimo che magari va in salita scontrandosi con le onde contrarie del vento dominante. Di notte quindi è meglio rinunciare: primo per questo mare bislacco e poi soprattutto per la pessima situazione dei fari marocchini che hanno caratteristiche diverse da quelle segnate sulle carte inglesi (uno addirittura a Punta Cires è fisso e debolissimo anziché lampeggiante) Tutto OK invece per quanto riguarda la baia e il porto di Tangeri. Un’ultima notiziola infine è per i patiti di pesca subacquea: lo stretto è ricchissimo di pesce, dalle cernie colossali al pesce bianco, i sarganà (spigole locali) arrivano tranquillamente sui 5 Kg. ma la pesca diventa pericolosissima se non si tiene conto degli orari dettati dall’alternarsi delle maree; la corrente è comunque molto più forte del prevedibile e non avere uno scafo vicino è un suicidio. Concludendo l’avventura, per rientrare a casa, esiste anche un comodo traghetto che collega Tangeri a Sète, presso Marsiglia, tre volte la settimana, impiega 38 ore e neppure è troppo caro. Unico neo la classe pullman, in quanto le condizioni di affollamento e di igiene dei locali-poltrone consigliano decisamente di andarsene a dormire sul ponte o di spendere poco di più per delle cabine peraltro comode.
Qualche considerazione:
·         Itinerario interessante e con un pizzico di esotico. Non troppo impegnativo ma indicato soprattutto per scafi medio-grandi (1979 n.d.r.), con buona autonomia (almeno 250 Km o più) e in grado di fare a meno di qualsiasi assitenza tecnica e logistica.
·        
Non è un viaggio comodo per le difficoltà di approdo e gli scarsissimi ridossi non portuali, quindi bisogna essere attrezzati anche per gli “atterraggi” sui frangenti e cose simili (attrezzarsi con rulli, àncora galleggiante, paranchino).
·        
Il problema più grosso è dato dagli imprevisti di carattere poliziesco-doganale veramente numerosissimi e non preventivabili per l’impreparazione degli uffici turistici e dei consolati.
·        
In Marocco la frequenza di furti è incredibile, ma è più facile perdere i vestiti o le pentole che i gommoni e gli effetti di valore. Tra Marocco e Spagna esiste un fiorente traffico di stupefacenti e contrabbando in genere.
·        
Non viaggiate di notte per non tirare l’alba in caserma per controlli pazzeschi come è successo a noi. Non caricate autostoppisti in auto o in barca perché è il sistema che viene usato da molti per spostare nel Paese le droghe locali sulle spalle dei turisti.
·        
La solitudine è la prerogativa migliore del mare marocchino (salvo le dozzine di bambini che si trovano anche nei bagagli appena si sbarca). ·         Qualche cibaria da casa non è sprecata, nei ristoranti, quando ci sono si mangia kuskus, nei rarissimi negozi si trovano tantissime scatolette, ma solo quelle. Viva quindi la pesca, anche se l’acqua è fra i 18° e 20° di massima in agosto.
·        
Per i curiosi, questa quasi-vacanza è stata realizzata con due gommoni sui cinque metri (un Bat 7 e un Asso 54), ambedue con motori Volvo Penta da 40 e 55 HP e due piccoli motori ausiliari della stessa marca da 5 e 9 HP.