di Mauro Seguso
Primo Vicepresidente e socio fondatore
Primi di agosto, ci troviamo tutti riuniti nel campeggio
di Veli Losinj, punto di partenza per il programmato Raid dei sei
giorni, fra le isole Dalmate.
Siamo circa una trentina. Qualcuno ci aveva preceduto, altri arriveranno
nel giro di pochi giorni. Ci sentiamo ormai padroni di questo lembo
di Jugoslavia. Non lesiniamo continue escursioni in canotto alle
isole vicine. La natura ci si offre nella piena bellezza dei suoi
paesaggi. Il mare sempre calmo e l'acqua di una limpidezza eccezionale
invitano alla navigazione ed a lunghi bagni e immersioni per cacciare
del pesce.
Si accenna alla data di partenza, i preparativi erano già
stati curati minuziosamente da tutti in precedenza, c'è animazione
e una gran voglia di prendere subito il largo. Decidiamo per l'11
agosto, tempo permettendo.
La partenza
11 agosto: ore 7 sveglia,
una rapida colazione poi si carica il bagaglio di tutti su un camioncino
per portarlo più agevolmente giù al porto ove sono
attraccati i gommoni. Incrociamo la macchina che era scesa a Lussinpiccolo
per la benzina. Ma le taniche sono ancora vuote! L'unico distributore
del paese era rimasto a secco! Che fare? Domando, chiedo, mi informo,
non mi dò per vinto, magari a remi, ma ...Vengo a sapere
che a Nerezine, un paesino ad una trentina di chilometri, talvolta
si trova benzina presso un distributore un po' così..."casalingo",
ed allora via in macchina alla ricerca della benzina. Siamo quasi
in prossimità del paese indicatoci, quando incrociamo l'automezzo
cisterna che va a rifornire il distributore di Lussinpiccolo: pazienza,
ormai ci siamo vediamo un po'qui. "C'è benzina?".
"Si, super!". "Solo super?". Gentilmente rispondiamo:
"No grazie, molto gentile. Ci voglia scusare ma la super per
noi non va bene" o qualcosa di simile...
Ricarichiamo le nostre taniche e via, sulla scia della cisterna
che abbiamo visto in precedenza. Arriviamo nuovamente a Lussinpiccolo,
ci presentiamo con sei, otto taniche, non ricordo bene, totale centoquaranta
litri e via ritorniamo in campeggio.
Abbiamo percorso settanta chilometri e fatto benzina a due chilometri
da qui, è quasi mezzogiorno e non siamo ancora partiti; ma
la soddisfazione di essere veramente a posto ci fa dimenticare ogni
cosa.
Ore 14: ci contiamo, del numeroso
gruppo siamo in otto persone con tre canotti così suddivisi:
Zodiac Mark 3, motore Mercury 35 HP, Gianni e Nives, Luciano e Lucia;
Zodiac Mark 2, motore Penta 25 HP, io e Dario; Storm, motore Penta
25 HP, Alberto e Ines. Beh, meglio che niente! Se nei duecento metri
che ci separano dal porto, non muore nessuno, vuoi vedere che quesa
è la volta buona?
Il mare è calmo, splende un bel sole e in "breve"
tempo i canotti sono pronti per prendere il largo. Usciamo dal porto
lentamente salutando a grandi mani a destra e sinistra, poi quando
non c'è più nessuno da salutare diamo gas e... via.
Via dove? Il Mark 3 è stracarico e non ce la fa a planare,
Gianni è seduto sulla punta del canotto, Nives e Lucia sono
sdraiate protese in avanti, Luciano è seduto a metà
canotto su un cumulo di materiale con braccio proteso all'indietro
sulla barra del moptore ma il 35 HP dice no a tutti questi virtuosismi
ed allora dopo aver cambiato inutilmente varie volte l'inclinazione
del motore, e visto inutile ogni tentativo per involarlo ci accostiamo
e lo alleggeriamo per quanto è possibile; carichiamo sul
Mark 2 e sullo Storm taniche di acqua, benzina e altro materiale.
Ora va in planata. Mano alla carta nautica, dirigiamo verso la punta
estrema dell'isola di Lussino rasentando un tratto di costa di nudisti,
dirigiamo sul canale di Ilovich e poi giù verso lo scoglio
di Gruizza. Ci curiamo a vicenda quasi increduli che tutto vada
bene, costeggiamo l'isola di Premuda e dopo un paio d'ore di navigazione
già l'occhio corre sulla riva per scorgere un punto adatto
all'approdo e alla tenda, ma questo binomio sembra piuttosto difficile
da queste parti, così come del resto quasi dovunque su queste
isole come avremo modo di constatare in seguito. Entriamo in una
cala che avevo intravisto da lontano col binocolo. E' quello che
volevamo, un piccolo paradiso! Un vero lusso da queste parti. Siamo
sull'isola di Scarda. Un golfo riparato dal vento, spiaggia per
tirare in secco i canotti al centro, scogli per la caccia subacquea
ai lati, un prato a fil di costa e una vegetazione relativamente
bassa e forte tutto intorno senza il minimo segno di vita a vista
d'occhio; l'acqua è limpida, trasparente, verde smeraldo
sul fondo di sabbia, blu intenso sulle rocce, elementi questi più
che sufficienti per invitarci ad un buon bagno.
La sera, dopo cena, accendiamo un
bel fuoco, e davanti ad un buon caffè, contempliamo i riflessi
della luna sull'acqua; ognuno tace, forse in tutti è il medesimo
pensiero: rendersi conto di quanto incredibile appaia ciò
che ci circonda, ciò che stiamo vivendo e quanto lontane
ci sembrino le immagini della solita vita quotidiana.
12 agosto: ore 7 sveglia generale. Si controlla la pressione
dei canotti, si smontano le tende, si discute sull'orario di partenza,
sul percorso da seguire, sulle probabili zone di sosta per la sera
e decidiamo quindi mangiare ancora qui sul posto, un po' in anticipo,
per poi viaggiare nelle ore calde della giornata.
Verso le ore 13 lasciamo a malincuore questo posto d'incanto, e
dopo aver costeggiato lungo tutto il versante orientale dell'isola,
facciamo rotta sull'isola di Isto in cui effetuiamo una sosta nel
paesino omonimo, il tempo di bere una birra, completare la riserva
d'acqua consumata il giorno precedente e via fra i golfi, isole
minori, scogli, strettoie, canali naturali e passaggi fra isola
e isola talvolta appena visibili, su di un mare piatto e limpido
come raramente mi è capitato di vedere. Dopo Isto, Melada,
ora ci troviamo all'interno delle isole, qui sulla estrema punta
dell'isola troviamo un'altro luogo pressochè identico a quello
che abbiamo appena lasciato, decidiamo per un bagno generale; mezz'ora
di sosta, poi via di nuovo, ma presto ci pentiremo di non aver approfittato
di quel luogo poichè la costa in tutte le isole successive,
si presenta rocciosa e inadatta all'approdo dei nostri canotti,
così per Sestrugno, Rivani e Ugliano; ma il sole sta per
tramontare e a tutti i costi dobbiamo trovare un luogo qualsiasi
per fermarci, bello o brutto, ma dobbiamo trovarlo. Ormai le pretese
di ciascuno circa la spiaggetta sul tipo del giorno precedente è
sfumata e in me si fa luce l'idea di dover dormire nel canotto in
qualche baia riparata dai venti, ma il mio è pessimismo e
sia pur senza poter tirare in secca i canotti ci accampiamo in un
boschetto di pini prospicente il mare, quasi all'altezza di Zara,
sempre sull'isola di Ugliano. Il montare le tende, è quasi
una gara contro il buio, e in dieci minuti, quattro piccole canadesi
fanno bella mostra di sè, tese alla perfezione.
Siamo a posto per dormire, ma per mangiare? E' troppo buio per mettersi
a cucinare e siamo tutti un po' stanchi, oggi ne abbiamo fatta di
strada! Chiediamo al primo che passa che ci indica una trattoria
oltre il bosco all'interno dell'isola a circa un kilometro e armati
di pile seguiamo il sentiero indicatoci. Beh, insomma, sentiero
per modo di dire; lo perdiamo nuovamente e non so in quale modo,
riusciamo a rintracciare il luogo indicatoci, un paesino che guardacaso
non era all'interno, ma bensì sul mare, dove potevamo benissimo
giungere in canotto. Ma il nostro stupore non è terminato
quando ci accorgiamo che la trattoria non è altro che la
sala di un cinema svuotata delle poltrone, col suo bel telone bianco
sullo sfondo, la cucina nel camerino di proiezione, la luce all'altezza
di un normale 2° piano circa e una gaia ... orchestrina di scalmanati
alle nostre spalle, che imitando il genere Beatles ci accomuna in
una allegra risata. Domani magari cercheremo qualcosa di più
tranquillo, ma abbiamo fame e per questa sera siamo disposti a sorvolare.
Ingeriamo piuttosto avidamente qualsiasi cosa il cameriere ci porti,
sotto lo sguardo benevolo del presidente Tito nel ritratto al centro
della sala. Nel complesso mangiamo discretamente, spendiamo poco
e dopo cena ci scappa anche un balletto.
13 agosto: sveglia solita, ore 7! Dopo i consueti preparativi
attraversiamo il tratto di mare che ci separa dalla costa dirigendo
su Zara. Attracchiamo nel porto, ripromettendoci un giro turistico
in città e il pasto del mezzogiorno in un posto caratteristico.
Soddisfatta l'una e l'altra esigenza facciamo nuovamente rotta verso
Ugliano, dirigendoci verso lo stretto di Sdrelaz. Questo stretto
divide le isole di Ugliano e Pasman e immette nuovamente verso l'Adriatico
in una miriadi di isole salivate, in uno scenario da favola. Largo
non più di dieci quindici metri lo stretto di Sdrelaz sfugge
all'osservazione per chi come noi proviene da Nord/Est essendo posto
in diagonale al centro di un golfo. L'impressione che se ne riporta
è tale che fermandomi a non più di duecento metri
dal medesimo ricontrollo la carta pensando di aver preso un abbaglio
ma un'imbarcazione, che proviene in senso contrario al nostro e
che apparentemente sembrava uscire dalla montagna, mi dà
ragione svelandomi l'arcano. Oltre questo stretto costeggiamo sempre
verso Sud un tratto dell'isola di Pasman per poi ripiegare poi decisamente
verso destra nella parte inferiore del canale di Mezzo verso le
isole di Sit, Zut e il golfo Taier nell'isola Grossa ove siamo diretti.
In questo primo tratto di mare incontriamo un piccolo gruppo di
delfini che fotografiamo e riprendiamo da tutte le posizioni fino
circa a una ventina di metri da loro. In questo punto l'orografia
delle isole mi mette in difficoltà, tanto è l'intrico
di isolotti di tutti i generi simili fra loro per forma e dimensioni.
Nuovo zigzagare fra isola e isola ed ecco lo stretto di Proversa
Pica, una delle porte di ingresso del Golfo Taier. Poche imbarcazioni
oltre ai canotti potrebbero passare di qui, tutto si riduce ad una
strettoia di 3/4 metri in larghezza ed una profondità massima
di un metro circa. Da qui il paesaggio tende a mutare, a terreni
brulli e quasi senza vegetazione, si contrappongono macchie di verde
intenso, alberi di pini marittimi, cespugli di vario genere, non
vediamo anima viva, rarissime anche le barche dei pescatori, nessun
paese, casolare o costruzione di alcun genere; è in tutti
la sensazione di essere in un altro mondo eppure il datario segna
13 agosto! Il mio pensiero corre alla nostra riviera Adriatica a
poco più di 150 chilometri.
Io e Dario ci infiliamo in un fiordo alla nostra destra di cui non
vediamo la fine, e dopo aver percorso qualche centinaia di metri
in profondità approdiamo alla sua estremità. In questo
punto l'acqua è addirittura stagnante e la sua temperatura
è certamente di gran lunga superiore ai 30° ma non c'è
un luogo adatto alle tende e allora dopo aver visitato altri tre,
quattro fiordi e insenature decidiamo per uno spiazzo sotto alcuni
ulivi. In questo luogo, il silenzio è assoluto. Nel complesso
tanta solitudine ci affacina, ci stupisce, ci meraviglia ma evidentemente
non ci soddisfa, cosicchè l'indomani, rimpiangendo la spiaggetta
dei primi giorni decidiamo di fare ritorno verso quei posti fantastici.
Per evitare il percorso del giorno precedente, variamo itinerario
e nel riattraversare il canale di Mezzo, ci troviamo nuovamente
in un branco di delfini questa volta più numerosi e più
... confidenziali. Riattraversato lo stretto di Sdrelaz una sgradita
sorpresa ci attende: il mare fino a quel momento liscio come un
olio, oltre lo stretto è piuttosto agitato e per giunta siamo
costretti ad affrontarlo di prua. Dopo qualche ora di salti approdiamo
all'isola di Melada.
La sera solito falò anzi insolito, forse eccessivo, tanto
che il mattino successivo si presentano due persone, un funzionario
di polizia e uno dell'Ente di Turismo locale, i quali dopo essersi
accertati guardinghi di non so che fra le tende, ci hanno spiegato
molto gentilmente che il campeggio sull'isola era vietato, causa
il pericolo di incendi, che dovevamo pagare una piccola quota come
tassa di soggiorno, ma sopratutto che non potevamo rimanere per
la notte successiva; dialogo difficile, in inglese stentato e in
gran parte mimato, ricco di hem ... ecc... e così via, con
relativo controllo dei passaporti e documenti di navigazione. Inutile
ogni nostra richiesta di lasciarci accampati fino all'indomani.
Oramai dovevamo decidere: ritornare fino a Lussino in un'unica tappa
o fermarci ancora? i pareri sono discordi.
Decidiamo di rimandare ogni decisione
in funzione dell'ora in cui arriveremo a Scarda. Certo ci deve aver
preso la nostalgia del ritorno, perchè giunti a Scarda si
decide che con una buona "tirata" possiamo rientrare a
Lussino prima che faccia buio. Rimontiamo l'isola di Premuda, lo
scoglio Gruiza e il canale di Ilovich mentre il sole sta tramontando
all'orizzonte; sfruttiamo gli ultimi attimi di quella grande palla
di fuoco scattandoci reciprocamente numerose fotografie per immortalarci
in un ultimo ricordo di quanto abbiamo vissuto. Poi il sole tramonta
e nella luce fredda che precede l'oscurità distinguiamo le
prime luci di Lussingrande. Sono da poco passate le 19,30 quando
entriamo nel porticciolo. Triste il rientro, nessuno ad attenderci,
siamo in anticipo di un giorno! Ho ancora negli occhi quella meravigliosa
visione del tramonto di poco prima; getto l'ancora, attracco e penso
già con nostalgia che l'avventura è terminata.
Ringrazio i miei compagni di viaggio per la loro simpatica compagnia
augurandomi di poter rivivere ancora un'esperienza simile; ma la
prossima volta non basteranno più cinque giorni e neppure
quattrocento chilometri.
Articolo pubblicato su Nautisub -
Gennaio 1971
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