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Yugoslavia 1970
In gommone a zonzo fra le isole Dalmate

 

 


di Mauro Seguso
Primo Vicepresidente e socio fondatore


Primi di agosto, ci troviamo tutti riuniti nel campeggio di Veli Losinj, punto di partenza per il programmato Raid dei sei giorni, fra le isole Dalmate.
Siamo circa una trentina. Qualcuno ci aveva preceduto, altri arriveranno nel giro di pochi giorni. Ci sentiamo ormai padroni di questo lembo di Jugoslavia. Non lesiniamo continue escursioni in canotto alle isole vicine. La natura ci si offre nella piena bellezza dei suoi paesaggi. Il mare sempre calmo e l'acqua di una limpidezza eccezionale invitano alla navigazione ed a lunghi bagni e immersioni per cacciare del pesce.
Si accenna alla data di partenza, i preparativi erano già stati curati minuziosamente da tutti in precedenza, c'è animazione e una gran voglia di prendere subito il largo. Decidiamo per l'11 agosto, tempo permettendo.


La partenza

11 agosto: ore 7 sveglia, una rapida colazione poi si carica il bagaglio di tutti su un camioncino per portarlo più agevolmente giù al porto ove sono attraccati i gommoni. Incrociamo la macchina che era scesa a Lussinpiccolo per la benzina. Ma le taniche sono ancora vuote! L'unico distributore del paese era rimasto a secco! Che fare? Domando, chiedo, mi informo, non mi dò per vinto, magari a remi, ma ...Vengo a sapere che a Nerezine, un paesino ad una trentina di chilometri, talvolta si trova benzina presso un distributore un po' così..."casalingo", ed allora via in macchina alla ricerca della benzina. Siamo quasi in prossimità del paese indicatoci, quando incrociamo l'automezzo cisterna che va a rifornire il distributore di Lussinpiccolo: pazienza, ormai ci siamo vediamo un po'qui. "C'è benzina?". "Si, super!". "Solo super?". Gentilmente rispondiamo: "No grazie, molto gentile. Ci voglia scusare ma la super per noi non va bene" o qualcosa di simile...
Ricarichiamo le nostre taniche e via, sulla scia della cisterna che abbiamo visto in precedenza. Arriviamo nuovamente a Lussinpiccolo, ci presentiamo con sei, otto taniche, non ricordo bene, totale centoquaranta litri e via ritorniamo in campeggio.
Abbiamo percorso settanta chilometri e fatto benzina a due chilometri da qui, è quasi mezzogiorno e non siamo ancora partiti; ma la soddisfazione di essere veramente a posto ci fa dimenticare ogni cosa.

Ore 14: ci contiamo, del numeroso gruppo siamo in otto persone con tre canotti così suddivisi: Zodiac Mark 3, motore Mercury 35 HP, Gianni e Nives, Luciano e Lucia; Zodiac Mark 2, motore Penta 25 HP, io e Dario; Storm, motore Penta 25 HP, Alberto e Ines. Beh, meglio che niente! Se nei duecento metri che ci separano dal porto, non muore nessuno, vuoi vedere che quesa è la volta buona?
Il mare è calmo, splende un bel sole e in "breve" tempo i canotti sono pronti per prendere il largo. Usciamo dal porto lentamente salutando a grandi mani a destra e sinistra, poi quando non c'è più nessuno da salutare diamo gas e... via. Via dove? Il Mark 3 è stracarico e non ce la fa a planare, Gianni è seduto sulla punta del canotto, Nives e Lucia sono sdraiate protese in avanti, Luciano è seduto a metà canotto su un cumulo di materiale con braccio proteso all'indietro sulla barra del moptore ma il 35 HP dice no a tutti questi virtuosismi ed allora dopo aver cambiato inutilmente varie volte l'inclinazione del motore, e visto inutile ogni tentativo per involarlo ci accostiamo e lo alleggeriamo per quanto è possibile; carichiamo sul Mark 2 e sullo Storm taniche di acqua, benzina e altro materiale. Ora va in planata. Mano alla carta nautica, dirigiamo verso la punta estrema dell'isola di Lussino rasentando un tratto di costa di nudisti, dirigiamo sul canale di Ilovich e poi giù verso lo scoglio di Gruizza. Ci curiamo a vicenda quasi increduli che tutto vada bene, costeggiamo l'isola di Premuda e dopo un paio d'ore di navigazione già l'occhio corre sulla riva per scorgere un punto adatto all'approdo e alla tenda, ma questo binomio sembra piuttosto difficile da queste parti, così come del resto quasi dovunque su queste isole come avremo modo di constatare in seguito. Entriamo in una cala che avevo intravisto da lontano col binocolo. E' quello che volevamo, un piccolo paradiso! Un vero lusso da queste parti. Siamo sull'isola di Scarda. Un golfo riparato dal vento, spiaggia per tirare in secco i canotti al centro, scogli per la caccia subacquea ai lati, un prato a fil di costa e una vegetazione relativamente bassa e forte tutto intorno senza il minimo segno di vita a vista d'occhio; l'acqua è limpida, trasparente, verde smeraldo sul fondo di sabbia, blu intenso sulle rocce, elementi questi più che sufficienti per invitarci ad un buon bagno.

La sera, dopo cena, accendiamo un bel fuoco, e davanti ad un buon caffè, contempliamo i riflessi della luna sull'acqua; ognuno tace, forse in tutti è il medesimo pensiero: rendersi conto di quanto incredibile appaia ciò che ci circonda, ciò che stiamo vivendo e quanto lontane ci sembrino le immagini della solita vita quotidiana.


12 agosto: ore 7 sveglia generale. Si controlla la pressione dei canotti, si smontano le tende, si discute sull'orario di partenza, sul percorso da seguire, sulle probabili zone di sosta per la sera e decidiamo quindi mangiare ancora qui sul posto, un po' in anticipo, per poi viaggiare nelle ore calde della giornata.
Verso le ore 13 lasciamo a malincuore questo posto d'incanto, e dopo aver costeggiato lungo tutto il versante orientale dell'isola, facciamo rotta sull'isola di Isto in cui effetuiamo una sosta nel paesino omonimo, il tempo di bere una birra, completare la riserva d'acqua consumata il giorno precedente e via fra i golfi, isole minori, scogli, strettoie, canali naturali e passaggi fra isola e isola talvolta appena visibili, su di un mare piatto e limpido come raramente mi è capitato di vedere. Dopo Isto, Melada, ora ci troviamo all'interno delle isole, qui sulla estrema punta dell'isola troviamo un'altro luogo pressochè identico a quello che abbiamo appena lasciato, decidiamo per un bagno generale; mezz'ora di sosta, poi via di nuovo, ma presto ci pentiremo di non aver approfittato di quel luogo poichè la costa in tutte le isole successive, si presenta rocciosa e inadatta all'approdo dei nostri canotti, così per Sestrugno, Rivani e Ugliano; ma il sole sta per tramontare e a tutti i costi dobbiamo trovare un luogo qualsiasi per fermarci, bello o brutto, ma dobbiamo trovarlo. Ormai le pretese di ciascuno circa la spiaggetta sul tipo del giorno precedente è sfumata e in me si fa luce l'idea di dover dormire nel canotto in qualche baia riparata dai venti, ma il mio è pessimismo e sia pur senza poter tirare in secca i canotti ci accampiamo in un boschetto di pini prospicente il mare, quasi all'altezza di Zara, sempre sull'isola di Ugliano. Il montare le tende, è quasi una gara contro il buio, e in dieci minuti, quattro piccole canadesi fanno bella mostra di sè, tese alla perfezione.
Siamo a posto per dormire, ma per mangiare? E' troppo buio per mettersi a cucinare e siamo tutti un po' stanchi, oggi ne abbiamo fatta di strada! Chiediamo al primo che passa che ci indica una trattoria oltre il bosco all'interno dell'isola a circa un kilometro e armati di pile seguiamo il sentiero indicatoci. Beh, insomma, sentiero per modo di dire; lo perdiamo nuovamente e non so in quale modo, riusciamo a rintracciare il luogo indicatoci, un paesino che guardacaso non era all'interno, ma bensì sul mare, dove potevamo benissimo giungere in canotto. Ma il nostro stupore non è terminato quando ci accorgiamo che la trattoria non è altro che la sala di un cinema svuotata delle poltrone, col suo bel telone bianco sullo sfondo, la cucina nel camerino di proiezione, la luce all'altezza di un normale 2° piano circa e una gaia ... orchestrina di scalmanati alle nostre spalle, che imitando il genere Beatles ci accomuna in una allegra risata. Domani magari cercheremo qualcosa di più tranquillo, ma abbiamo fame e per questa sera siamo disposti a sorvolare. Ingeriamo piuttosto avidamente qualsiasi cosa il cameriere ci porti, sotto lo sguardo benevolo del presidente Tito nel ritratto al centro della sala. Nel complesso mangiamo discretamente, spendiamo poco e dopo cena ci scappa anche un balletto.


13 agosto: sveglia solita, ore 7! Dopo i consueti preparativi attraversiamo il tratto di mare che ci separa dalla costa dirigendo su Zara. Attracchiamo nel porto, ripromettendoci un giro turistico in città e il pasto del mezzogiorno in un posto caratteristico. Soddisfatta l'una e l'altra esigenza facciamo nuovamente rotta verso Ugliano, dirigendoci verso lo stretto di Sdrelaz. Questo stretto divide le isole di Ugliano e Pasman e immette nuovamente verso l'Adriatico in una miriadi di isole salivate, in uno scenario da favola. Largo non più di dieci quindici metri lo stretto di Sdrelaz sfugge all'osservazione per chi come noi proviene da Nord/Est essendo posto in diagonale al centro di un golfo. L'impressione che se ne riporta è tale che fermandomi a non più di duecento metri dal medesimo ricontrollo la carta pensando di aver preso un abbaglio ma un'imbarcazione, che proviene in senso contrario al nostro e che apparentemente sembrava uscire dalla montagna, mi dà ragione svelandomi l'arcano. Oltre questo stretto costeggiamo sempre verso Sud un tratto dell'isola di Pasman per poi ripiegare poi decisamente verso destra nella parte inferiore del canale di Mezzo verso le isole di Sit, Zut e il golfo Taier nell'isola Grossa ove siamo diretti. In questo primo tratto di mare incontriamo un piccolo gruppo di delfini che fotografiamo e riprendiamo da tutte le posizioni fino circa a una ventina di metri da loro. In questo punto l'orografia delle isole mi mette in difficoltà, tanto è l'intrico di isolotti di tutti i generi simili fra loro per forma e dimensioni.
Nuovo zigzagare fra isola e isola ed ecco lo stretto di Proversa Pica, una delle porte di ingresso del Golfo Taier. Poche imbarcazioni oltre ai canotti potrebbero passare di qui, tutto si riduce ad una strettoia di 3/4 metri in larghezza ed una profondità massima di un metro circa. Da qui il paesaggio tende a mutare, a terreni brulli e quasi senza vegetazione, si contrappongono macchie di verde intenso, alberi di pini marittimi, cespugli di vario genere, non vediamo anima viva, rarissime anche le barche dei pescatori, nessun paese, casolare o costruzione di alcun genere; è in tutti la sensazione di essere in un altro mondo eppure il datario segna 13 agosto! Il mio pensiero corre alla nostra riviera Adriatica a poco più di 150 chilometri.
Io e Dario ci infiliamo in un fiordo alla nostra destra di cui non vediamo la fine, e dopo aver percorso qualche centinaia di metri in profondità approdiamo alla sua estremità. In questo punto l'acqua è addirittura stagnante e la sua temperatura è certamente di gran lunga superiore ai 30° ma non c'è un luogo adatto alle tende e allora dopo aver visitato altri tre, quattro fiordi e insenature decidiamo per uno spiazzo sotto alcuni ulivi. In questo luogo, il silenzio è assoluto. Nel complesso tanta solitudine ci affacina, ci stupisce, ci meraviglia ma evidentemente non ci soddisfa, cosicchè l'indomani, rimpiangendo la spiaggetta dei primi giorni decidiamo di fare ritorno verso quei posti fantastici. Per evitare il percorso del giorno precedente, variamo itinerario e nel riattraversare il canale di Mezzo, ci troviamo nuovamente in un branco di delfini questa volta più numerosi e più ... confidenziali. Riattraversato lo stretto di Sdrelaz una sgradita sorpresa ci attende: il mare fino a quel momento liscio come un olio, oltre lo stretto è piuttosto agitato e per giunta siamo costretti ad affrontarlo di prua. Dopo qualche ora di salti approdiamo all'isola di Melada.


La sera solito falò anzi insolito, forse eccessivo, tanto che il mattino successivo si presentano due persone, un funzionario di polizia e uno dell'Ente di Turismo locale, i quali dopo essersi accertati guardinghi di non so che fra le tende, ci hanno spiegato molto gentilmente che il campeggio sull'isola era vietato, causa il pericolo di incendi, che dovevamo pagare una piccola quota come tassa di soggiorno, ma sopratutto che non potevamo rimanere per la notte successiva; dialogo difficile, in inglese stentato e in gran parte mimato, ricco di hem ... ecc... e così via, con relativo controllo dei passaporti e documenti di navigazione. Inutile ogni nostra richiesta di lasciarci accampati fino all'indomani.
Oramai dovevamo decidere: ritornare fino a Lussino in un'unica tappa o fermarci ancora? i pareri sono discordi.

Decidiamo di rimandare ogni decisione in funzione dell'ora in cui arriveremo a Scarda. Certo ci deve aver preso la nostalgia del ritorno, perchè giunti a Scarda si decide che con una buona "tirata" possiamo rientrare a Lussino prima che faccia buio. Rimontiamo l'isola di Premuda, lo scoglio Gruiza e il canale di Ilovich mentre il sole sta tramontando all'orizzonte; sfruttiamo gli ultimi attimi di quella grande palla di fuoco scattandoci reciprocamente numerose fotografie per immortalarci in un ultimo ricordo di quanto abbiamo vissuto. Poi il sole tramonta e nella luce fredda che precede l'oscurità distinguiamo le prime luci di Lussingrande. Sono da poco passate le 19,30 quando entriamo nel porticciolo. Triste il rientro, nessuno ad attenderci, siamo in anticipo di un giorno! Ho ancora negli occhi quella meravigliosa visione del tramonto di poco prima; getto l'ancora, attracco e penso già con nostalgia che l'avventura è terminata.


Ringrazio i miei compagni di viaggio per la loro simpatica compagnia augurandomi di poter rivivere ancora un'esperienza simile; ma la prossima volta non basteranno più cinque giorni e neppure quattrocento chilometri.

Articolo pubblicato su Nautisub - Gennaio 1971





 

 

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