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Fra tutti i partecipanti a quel raid, quarantacinque anni fa, si è costituito il nostro Club:

il club del gommone
L'entusiasmo di quegli equipaggi dette origine anche a tutti i successivi club gommonautici italiani.
Di seguito pubblichiamo la cronaca di quella prima avventura.

 

Dal Sogno ...
Dopo quattro mesi di preparativi, di contatti, di elaborazione di tutto il programma, nell'utopistica speranza che tutto possa risultare perfetto, siamo giunti finalmente alla vigilia della partenza di questo nostro tanto desiderato e voluto raid.
Ora guardo al cielo che si è messo a fare le bizze. E' il 4 giugno, domani partiamo e da stamani si stanno rovesciando su Milano e Lombardia diluvi di acqua e grandine. Penso che altri 35 paia di occhi sono rivolti dove sono rivolti i miei, ma ciò non riesce a rincuorarmi. Temo che il brutto tempo possa far volgere alla rinuncia gli ultimi equipaggi "titubanti" che sono rimasti. Mi corico ricordando come altre volte, nelle settimane passate, dopo una giornata di acqua a catinelle ci si svegliava accolti da un sole splendente in un cielo terso, ma non ci spero del tutto, sarebbe troppo cinematograficamente bello poter partire in un tripudio di sole e di azzurro.

... alla realtà
Alba del 5 giugno. Piove in una maniera cordialmente antipatica, una pioggerellina minuta, sottile, novembrina. Il cielo tutto coperto e nero, senza uno spiraglio.
Fa decisamente freddo. Alla rinfusa e frettolosamente mettiamo nei sacchi da viaggio ancora qualche indumento invernale, qualche pullover di quelli pesanti; lasciamo a casa, a malincuore, tutto il guardaroba di costumi da bagno. Saltiamo sul pulmino che ci porterà a Pavia . all'Associazione Motonautica dove ci aspettano le nostre barche e gli altri "gommonauti". Qui ho una gradita sorpresa, ci siamo tutti o quasi, un solo equipaggio manca all'appello, su dieci partecipanti. Qualcuno esita ancora ad uscire dal calduccio delle macchine ma la vista dei più decisi, che sono già all'operazione di montaggio dei canotti e degli altri col canotto già in acqua, li convince e li decide ad unirsi alla compagnia che intanto si è fatta chiassosa e vivace; s'intrecciano battute scherzose, motti coniati per l'occasione, tutti hanno il sorriso sulle labbra.
Nel frattempo la pioggia è cessata e questo rincuora un po' tutti. Salta il tappo di una bottiglia di spumante per l'immancabile foto ricordo. Sanno che il grande momento è dunque arrivato, si parte per davvero!
I caroselli che i primi impazienti avevano iniziato davanti alla banchina di partenza si fanno più numerosi ed insistenti in un accavallarsi di scie e di saluti; anche l'ultimo battello è finalmente in acqua e posso dare il tanto atteso segnale di partenza in un crepitio di otturatori fotografici e nel ronzio delle cineprese, tutti vogliono immortalare il fatidico momento. Un ultimo cenno di saluto agli amici rimasti in banchina e siamo partiti!
Navighiamo in gruppo. Lo spettacolo che offriamo a noi stessi ed agli altri, pochi sparuti pescatori che ci guardano passare attoniti dalle rive fradice di pioggia, è davvero entusiasmante. Riempiamo il fiume di noi, lo stordiamo con il rombo dei nostri motori, scompigliamo le sue fredde acque e un turbinio di spruzzi e di scie bianche, diamo alla cinerea natura che ci circonda una nota di pittoresco colore con i nostri impermeabili gialli, crociati, i giubbotti rossi, i canotti grigi, neri o gialli. Una festa per gli occhi.
L'ordine di navigazione è stato disposto in modo che davanti debbano sempre trovarsi i canotti equipaggiati con motori più piccoli, i nove CV, e gli altri seguano incolonnati su un'ideale scia ad un centinaio di metri l'uno dall'altro. Chiude la colonna lo scafo di Pennati, la nostra assistenza tecnica gommomontata, la cui funzione predominante per il regolare proseguimento del nostro raid doveva evidenziarsi di lì a non molto. Poco dopo il Ponte della Becca, vistosissimo riferimento che segnala il nostro passaggio dal Ticino al Po, siamo fermi; sono rimasti inspiegabilmente indietro, dato il poco percorso fatto, tre scafi e Pennati. Ci accingiamo, canotto con canotto, spegniamo i motori e l'occasione sembra propizia per scambiarci le prime impressioni di viaggio, le parole bello, freddo, pioggia, rimbalzano di bocca in bocca. Qualcuno estrae l'immancabile panino. Ma gli altri non arrivano. Vanno avanti i "piccoli" mentre noi ci apprestiamo a guadagnare qualche chilometro trasportati da questo limaccioso Po, mentre una nuvolaglia sempre più nera si addensa sulle nostre teste. Perdiamo così quasi un'ora. Finalmente un baffo bianco di spuma ci preannuncia che qualcuno sta arrivando, ma i baffi sono due, tre … e quattro; ci siamo tutti, a grandi cenni li faccio proseguire, non c'è tempo per spiegazioni.
Pennati ha avuto il suo daffare ma non ce ne rendiamo ancora conto. Do tutto gas mentre la nuvolaglia di sopra si appresta a scaricare il suo umido contenuto.
Non siamo ancora a Piacenza che scorgiamo alcune barche del nostro gruppo ridossate ad un compiacente moletto galleggiante, di quelli fatti con tavole di legno e bidoni di benzina vuoti. Accostiamo. Il nostro Pennati è già all'opera; si è piantato il motore dell'equipaggio Prinetti-Paleari, noie alla bobina pare; è mezzogiorno e l'imperturbabile Prinetti ne approfitta per un rapido ma succulento spuntino.
Intanto apprendiamo che la nostra Assistenza Tecnica è dovuto intervenire poco prima per uno spinotto tranciato netto da un ostacolo galleggiante, un'imbarcazione finita in secca con conseguente lesione alla chiglia ed un'altra, della quale si è dovuto effettuare lo smontaggio e rimontaggio completo in quanto piena d'acqua imbarcata in seguito ad un imperfetto montaggio del motore sullo specchio di poppa. Ci congratuliamo mentalmente con Pennati e con il suo valido secondo.
Intanto la riparazione al motore di Prinetti-Paleari va per le lunghe. Pare che la bobina non voglia dare assolutamente corrente e non ve ne sono di scorta.

"Niente da fare" è il laconico annuncio, proseguiranno fino a Piacenza con il piccolo tre CV ausiliario e lì si vedrà. Un'altra ora è così persa. Mi stacco dal moletto a tutto gas, la prima tappa Pavia-Casalmaggiore è la più lunga, 160 Km. e, continuando così finiremo con arrivare con il buio, se pure arriveremo; il dubbio si insinua fra me e la mia bella sicurezza. Presto ascolto al rombo del mio motore, lo sento possente e regolare,ma non ho ancora iniziato a rallegrarmene che scorgo, dietro un'ansa un altro canotto dei nostri fermo, in maniera inequivocabile; ci avviciniamo, sono i Sigg.ri Chiusoli , di Bologna, marito e moglie accorsi al richiamo dell'avventuroso viaggio, meritano tutta la nostra attenzione "Il motore non vuol saperne di partire , si ferma fatti pochi chilometri" - Alcuni colpi di avviamento non sortiscono alcun risultato se non quello di liberare dense nuvolette violacee. Completamente sbagliata la miscela, troppo ricca, è la diagnosi. Riusciamo con l'aiuto di altri, che nel frattempo ci hanno raggiunti, a travasare della miscela meno ricca nella tanica di Chiusoli. Tormentiamo ancora l'avviamento ma questi rimane muto. Penso con sollievo che Pennati è alle nostre spalle e che presto ci raggiungerà. Qui si è tutto ingolfato. Arriva di lì a poco il nostro onnipresente Pennati armato della sua magica bomboletta spray di etere, una spruzzatina nel carburante e il diabolico motore si rimette in moto. Ci stacchiamo da S.Nazzaro, dove raggiungiamo gli altri che ci hanno preceduti ed aspettati. Il guardiano della chiusa è subito recuperato e si iniziano le operazioni di riempimento e svuotamento. Dopo mezz'ora pigliamo a buon andamento verso Cremona, dove arriviamo verso le 17.

Quasi tutti devono rifornirsi di carburante e sostiamo in banchina per circa 40 minuti, suscitando molto interesse e curiosità fra i cittadini che passeggiano sul lungofiume, i più si dimostrano molto ammirati per l'impresa che stiamo facendo (gli striscioni PAVIA-VENEZIA bene in vista su ogni canotto sono di per se molto eloquenti) e questo, naturalmente ci lusinga non poco.
Terminiamo il carico di benzina ripartiamo un po' alla spicciolata alla volta di Casalmaggiore, nostra prima tappa. Noto con rammarico che il fiume ci porta verso il cattivo tempo; infatti uno scroscio violento di pioggia ci coglie proprio mentre stiamo ormeggiando presso la locale sede canottieri, ma ormai ci siamo, ben felici di esserci ed appena in tempo, copriamo rapidamente le barche e con una corsa siamo in albergo.

Qui abbiamo la sorpresa di trovare l'equipaggio Prinetti-Paleari che aveva raggiunto Casalmaggiore via terra dopo essersi procurato un nuovo motore. Concludiamo la prima giornata del nostro raid davanti ad una buona tavola imbandita , dove festeggiamo calorosamente Pennati ed il suo Secondo, perché dobbiamo a loro se siamo di nuovo tutti insieme, anche dopo una giornata nella quale buona parte dei motori avevano deciso di piantarci. La nostra assistenza tecnica si è dimostrata concretamente all'altezza della situazione.

Acqua sorella e sorellastra ...
Venerdì 6 giugno. La prima impressione che ognuno di noi cerca , alzandosi, è relativa al tempo, ed ognuno di noi ha la sua bella delusione: il cielo è sempre coperto di nuvole dense di pioggia e fa sempre molto freddo, per essere giugno. Leggiamo con piacere sul quotidiano "La Provincia" un articolo di benvenuto nel quale si loda con belle e sensibili parole il raid degli "Esploratori del Po" (saremmo noi). Ringraziamo l'ignoto articolista.

Ci lasciamo alle spalle il bell'approdo di Casalmaggiore salutati dal solito gruppetto di curiosi. Puntiamo su Borgoforte dove ci fermiamo per colazione. Sembra che tutto stamattina, proceda per il meglio. La corrente del fiume è sempre molto forte ed a tratti anche vorticosa , trascina rami, erbe e tronchi falciati dal violento temporale di questa notte, che si impigliano e si attorcigliano sull'albero dell'elica costringendoci a continue , rapide fermate per liberarcene.
Arriviamo tutti in gruppo all'approdo di Borgoforte, sotto il ponte ferroviario. Qui l'equipaggio dei Sigg.ri Migliavacca di Binasco denuncia un imperfetto funzionamento del motore verificatosi qualche chilometro più a monte. Pennati ed il Secondo salutano sul battello ed in un attimo quattro sapienti mani armeggiano su candele, carburatore, pistoni e aggeggi vari dell'illustre infermo. Andiamo a mangiare con la convinzione che il guasto sarà, presto e bene, riparato. Siamo a tavola nel locale da Bigio cucina Bigiolla, tipica trattoria del fiume che fa colore per le stravaganze insolite del suo proprietario, che contribuisce a portare al massimo l'allegria ed il buon umore, prerogative che debbo dire, non ci hanno mai abbandonati per tutto il viaggio. Terminiamo di mangiare ma Pennati ancora non si vede; lascio gli altri e lo raggiungo all'ormeggio. Il guasto è più grave di quello che si pensava al principio, non arriva miscela ad un cilindro ed in questa condizione è impensabile poter proseguire.

Decidiamo di portare il motore nella vicina Mantova, in un'officina specializzata per tentare una riparazione urgente o nella peggiore delle ipotesi per noleggiarne un altro che permette il proseguimento del viaggio. Vanno Pennati e Migliavacca mentre la signora prende posto su un altro canotto; partiamo un po' a malincuore alla volta di Ficarolo. Ci coglie un violento temporale, per fortuna breve; sono 10 minuti di pioggia tambureggiante da riuscire a malapena e tenere gli occhi aperti. Il Po è sempre limaccioso e pieno di detriti boschivi. Nella vicinanza dei ponti di barche bisogna prestare molta attenzione perché lì la corrente incanalata trascina via.

Verso il tardo pomeriggio finalmente un sole pallido ed anemico viene a mitigare un poco tutto il freddo accumulato in questi giorni. Basta questo perché il fiume cessi di apparirci ostile e riveli il suo volto amico e compiacente aprendosi tutta la maestosa grandiosità dei suoi scenari, del verde ombroso delle rive fitte di alberi. E' tutta la natura che risplende nei suoi semplici colori.
Siamo a Ficarolo abbastanza presto. Sono le 18. Abbiamo tutto il tempo per riassettarci, persone e cose. Facciamo un accurato ormeggio prestando ben orecchio alle previsioni locali che preannunciano il fiume in aumento. Poi siamo tutti all'argine ad aspettarli. L'attesa non è lunga.

Alle 21 circa un baffo bianco appare dietro la grande curva chiude l'orizzonte. Gli sguardi di tutti sono rivolti in quella direzione, viene puntato l'unico cannocchiale esistente nella compagnia.
Si, sono loro! Un brivido di commossa emozione ci percorre tutti. Hanno dovuto lasciare il motore a Mantova e sono arrivati spremendo tutta la potenza di un 9 HP preso a nolo. Ma ora importa essere tutti uniti perché tutti capiscono che qualsiasi avversità possano incontrare nella grande avventura che siamo vivendo, non saranno mai lasciati soli.

La vince il sole ...
Sabato 7 giugno. Le previsioni dei pescatori locali si sono puntualmente avverate. Il Po è cresciuto e la lingua di sabbia dove avevamo lasciato le barche si è trasformata in uno schifoso acquitrino; saliamo sui canotti portati a spalla dagli amici con stivaloni lunghi da pesca. Partiamo in un mattino nebbioso e umido. Superiamo subito il ponte di barche già aperto per una bettolina che risale. Poco dopo sulla riva sinistra vediamo un grosso accampamento militare brulicante di vita, forse stanno gettando un ponte di barche, se ne vede già un moncone aggrappato all'argine, salutiamo con ampi gesti ai quali rispondono tutti, dall'ultima recluta ai compunti graduati. Finalmente fa capolino il sole e il cielo si libera, ne approfittiamo per cercare di arraffare un po' di tintarella, lasciandoci andare con la corrente intanto che aspettiamo alcuni che si sono fermati per rifornirsi di carburante. Ci fermiamo per mezzogiorno a Villanova Marchesana accolti da quasi tutto il paese e da un simpaticissimo Parroco che vuole sapere tutto di noi e che ci promette grandi festeggiamenti qualora ritornassimo ancora il prossimo anno; alla nostra partenza ci vuole benedire uno per uno unitamente alle nostre imbarcazioni. L'episodio ci ha messo di buon umore
diciamo meglio, ancor più di buon umore - e filiamo di conserva verso la chiusa di Volta Grimana che ci immetterà nei canali navigabili che portano a Chioggia. Il bel tempo finalmente favorisce gli appassionati della fotografia che si cimentano con le loro macchine alla ricerca di effetti sempre più personali. Facciamo la chiusa unitamente ad una grossa bettolina che ci precede; scambiamo notizie ed informazioni. Poco dopo siamo fuori e diamo tutto gas, entusiasmati dal paesaggio che ci circonda, sfilano davanti a noi, case, alberi, donne e ragazzi in bicicletta che ci additano, ci sembra d'essere dei grandi protagonisti di questo sabato veneziano.
Arriviamo così al Brenta e di qui al mare, che troviamo fortunatamente calmo come una tavola.
Sfiliamo davanti a Sottomarina, facendo accorrere sul bagnasciuga i già numerosi bagnanti ed eccoci a Chioggia, dove siamo accolti dal locale Circolo Nautico con tutti gli onori e con molta gentilezza ed attenzione per i nostri piccoli problemi. La sera stiamo alzati fino a tardi, è l'ultima serata del nostro raid e tutti ci sentiamo di fare un po' bisboccia, l'allegria ed il buon umore non ci fanno difetto.

Azzurro di cielo e di mare ...
Domenica 8 giugno. Ci saluta finalmente uno splendido sole. Lasciamo il Circolo Nautico, al quale vanno tutti i nostri ringraziamenti per il trattamento veramente signorile riservatoci, e ci sentiamo euforici mentre in perfetta diligente colonna ci avviamo alla volta di Venezia seguendo il tracciato lagunare. Dobbiamo rispondere ai cenni di saluto continuamente rivoltici dalle innumerevoli imbarcazioni che incrociamo, lance, motoscafi, battelli. Abbiamo la sensazione di essere degno comparse di questo meraviglioso scenario naturale. Poco prima delle 11 siamo in San Marco ed entriamo nel Canal Grande. Sfiliamo per Venezia, recitando la nostra parte di incalliti navigatori e, rotti a tutte le avversità del destino; la giornata è splendida, insomma tutto non può essere che splendido.
Ora che è finita in me un senso di vuoto, un profondo rammarico per dover lasciare i compagni di avventura e per questi giorni, questi momenti che abbiamo vissuto fino a poco fa e che ora sono solo dei ricordi in noi.

Tuttavia voglio considerare questo raid non come un esperimento indimenticabile e irripetibile, ma piuttosto come l'inizio di un ciclo di avventurose e sempre nuove esperienze che potranno portarci su itinerari insoliti ed entusiasmanti, a completo appagamento delle nostre velleità sportive.
Salutando ad uno ad uno gli amici protagonisti di questo raid Pavia-Venezia 1969, leggo nei loro occhi questa sincera determinazione.


di Angelo Viscardi

Primo Presidente e componente del gruppo soci fondatori del Club del Gommone

Articolo pubblicato su: "Nautica e Ciclismo Illustrato" - Agosto 1969