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Santorini 2004 ... visto da lei

di Brunella Gibellini

 

E' ormai una vita che sentivo parlare delle Isole Cicladi e di come solo una congiunzione astrale particolarmente fortunata ci avrebbe permesso di fare lì una vacanza. Si sa che proprio durante il mese d'agosto i famigerati venti del nord fanno soffrire chi, innamorato di questi mari, pensa di poter programmare la propria navigazione o peggio ancora tutta la propria vacanza.
Ebbene, questa estate 2004, è stata per noi proprio una congiunzione astrale ottimale, anzi, al di sopra di ogni ottimistica previsione.
Arrivati a Lefkada il 30 luglio e preparate con calma le imbarcazioni siamo partiti con vento in poppa il 1 agosto alla volta di Trizomia, dove abbiamo trascorso la notte nel porticciolo turistico, oramai sempre più pieno. La mattina dopo, 2 agosto, abbiamo salpato le ancore alle 8 in punto con l'intenzione di raggiungere, mare permettendo, il Marine Olympic a Lavrion. Dopo una tappa a Kyato, dove abbiamo rifocillato sia il gommone che noi, abbiamo raggiunto verso le 15 lo Stretto di Corinto, dove il semaforo verde ci ha permesso di imboccare il Canale immediatamente, senza ulteriori perdite di tempo. A quel punto, e solo allora, ci siamo resi conto che Lavrion non era poi una meta così folle, per cui, motori a manetta e, per fortuna, mare calmo, abbiamo ormeggiato al Marine Olympic alle 18,30 dove abbiamo trascorso la notte con la certezza (o speranza?) di attraversare per le Cicladi il giorno dopo.
Partiamo quindi da Lavrion il 3 agosto alle 13.20 facendo rotta su Kythnos, costeggiando Kea, il tempo è splendido. Dopo 1h15' siamo a Kythnos, il mare è calmo e cogliamo l'occasione per vedere un po' la costa Ovest di quest'isola: desolata, selvaggia ma con qualche bellissima insenatura. Ormeggiamo nel posto più bello dell'isola, nell'istmo di Kolona dove l'isolotto di San Lukas è unito alla terraferma da una sottile e bassa lingua di sabbia fine che forma due belle baie particolarmente riparate dal vento. La costa intorno alla baia è completamente disabitata, solo a metà del monte si intravede una casa che desumiamo essere un ristorante per le casse di birra depositate all'esterno. Arrampicarsi fin lassù ne è valsa la pena. Abbiamo potuto vedere un panorama strepitoso e gustare il miglior saganaki di tutta la Grecia. Tornati sul gommone ci siamo resi conto che lo spettacolo vero iniziava solo allora: si è aperto ai nostri occhi il più bel cielo stellato mai visto prima, con una varietà e una quantità tale di stelle da sembrare dipinto.
A malincuore il giorno dopo, visto il mare ancora calmo, abbiamo abbandonato questa baia e ci siamo diretti a Sifnos dove abbiamo ormeggiato nella baia di Vathi, piccolo porto per barche locali e turistiche ben ridossato. La sera, a cena, in un ristorantino tipico e già conosciuto "… dove sei seduto sulla spiaggia e il mare ti bagna i piedi e dove ti servono una birra in bicchieri ghiacciati che rimane fresca fino alla fine …" davanti ad un calamaro gigante di circa un chilo i due comandanti iniziano a confabulare e a … fantasticare. "Dove si fa rotta domani?" domandano le due donzelle, ma le risposte sono alquanto evasive e condite con dei "se" e dei "ma". Messi alle strette i due confessano: se il tempo tiene si fa rotta su Santorini.
Il giorno dopo ci svegliamo con cielo terso e mare piatto. Decidiamo: vento in poppa e rotta su Santorini.
Durante la traversata il mare, talmente calmo da essere a specchio, ci permette di vedere, in lontananza una coppia di delfini. Rallentiamo per vederli meglio e iniziamo a fischiare con il fischietto. Almeno quattro coppie ci raggiungono ed iniziano a girare intorno al gommone. Saltano e giocano con noi ma è solo dopo circa mezzora, quando decidiamo di proseguire, a malincuore, il nostro viaggio che inizia lo spettacolo. I delfini hanno iniziato una gara con noi, correndo paralleli allo scafo, cercando di sorpassarci, mettendosi davanti alla prua e quando noi, timorosi di fare loro del male, abbiamo rallentato si sono messi a saltare come nei migliori spettacoli dei delfinari. Poi, improvvisamente, come un segnale, tutti e otto sono usciti insieme e pareva che il gommone fosse tirato da loro (come le bighe degli antichi romani dai cavalli) e si sono inabissati.
Purtroppo le foto non rendono mai giustizia di uno spettacolo simile, ma garantisco che l'emozione è stata tantissima.
Proseguiamo con ancora maggior euforia verso Santorini. La bonaccia rende l'orizzonte velato da una nebbia abbastanza fitta, quindi solo a poche miglia riusciamo a scorgere l'isola.Questo posto merita decisamente la fama che si è guadagnato e la quantità di gente che si riversa qui è giustificata dalla particolarità di quest'isola che offre uno spettacolo unico al mondo: ai piedi del paesino di Oia si trova l'ingresso nella caldera del vulcano e accedere all'isola dal mare è una sensazione unica ed indescrivibile. Purtroppo, come già avvisati dal portolano, non è possibile l'ormeggio nel porto per le piccole imbarcazioni, già interamente occupato dai traghetti e dai kaicchi turistici. I due comandanti, galanti, fanno scender a terra le due donzelle per fare shopping (l'unica dimostrazione tangibile per dimostrare di avere toccato tale suolo ambito: foto e cappellino con su scritto "SANTORINI").
L'isola è fantastica ma non si può dire tranquilla, per cui decidiamo di salutare e di tornare verso nord, per la precisione a Ios.
Se cercavamo una meta tranquilla abbiamo sbagliato. Ios è la meno greca delle isole incontrate finora: la cittadina sul porto è un incrocio tra Rimini e Riccione, e di sera orde di turisti si riversano nei vari locali dai nomi anglosassoni per rimorchiare.
Di tipicamente greco c'è che, anche qui, non c'è il benzinaio in banchina.
Durante la cena in un fast-food i due comandanti si chiedono, allibiti, per quanto durerà ancora la bonaccia e tremano al pensiero del vento che arriverà.
La risposta arriva puntuale la mattina dopo dalla capitaneria di porto. Si prevedono venti da Nord Ovest con forza 7 e 8. Non ce la sentiamo di provocare la buona sorte che ci ha accompagnati fino ad ora e decidiamo di cambiare rotta: non più Amorgos ma di nuovo verso Nord. Torniamo ad ormeggiare nella Baia di Vathi a Sifnos e andiamo, in serata, a visitare il paese da dove si gode un panorama splendido.
La mattina dopo si riparte per Serifos.
Mentre ci dirigiamo a Livadhi, il porto di Serifos, notiamo sulla destra, proprio all'imboccatura del porto, una barchetta di circa due metri con a bordo quattro uomini che cercano di attirare la nostra attenzione. Ci avviciniamo guardinghi: abbiamo già sentito parlare dei nuovi pirati, coloro che fanno finta di essere in panne e poi ti rubano l'imbarcazione. Quando siamo vicini ci accorgiamo che invece sono proprio in panne: la barchetta con la quale erano usciti a pescare affiorava dall'acqua circa 5 centimetri e il povero motore non aveva resistito al peso: i quattro naufraghi avranno pesato una media di 100 chili ciascuno!
Li trainiamo al porto non prima di averli obbligati, almeno in due, a salire da noi. Quando li sganciamo ci regalano tutto il pesce da loro pescato nella mattinata. Noi cerchiamo timidamente di rifiutare, ma loro insistono, per cui alla sera, a malincuore, ci siamo gustati un prelibato fritto di pesce a bordo del Beluga.
A Serifos non si può fare a meno di notare il caratteristico paesino arrampicato sulla montagna con le sue tipiche casette bianche con le finestre blu sistemate una affianco all'altra.
Nonostante il mare continui ad essere calmo il giorno dopo decidiamo di tornare sul Peloponneso e quindi chi scrive è arrivato a questa conclusione: le isole Cicladi o le fai con il vento o le fai con la paura del vento.
Partiamo quindi da Serifos verso nord e quando siamo al largo di Kithnos puntiamo direttamente su Poros e proprio in quel momento vento e mare si accordano per muoversi in contemporanea rendendoci più di metà della traversata non certamente pericolosa ma impegnativa. Forse dovuta al fatto che si era abituati a navigare su binari? Forse.
Facciamo rotta su Mentana per fare benzina, ma scopriamo che di domenica il benzinaio non apre fino alle 18, per cui decidiamo di andare a dormire in una baia vicino a Poros e di tornare poi il giorno dopo. Dopo una buona spaghettata e una notte tranquilla ci dirigiamo a Hermioni dove facciamo benzina ma dove non è assolutamente consigliato passare la notte a causa dell'odore di zolfo che ristagna per tutto il porto.
La notte invece la passiamo a Leonidium, piccolo porto del terzo dito del Peloponneso. Frequentato da innumerevoli barche a vela e la cui caratteristica è quella di avere un fiumiciattolo abitato da una intera famiglia di papere (molto socievoli) che sgorga proprio nel centro dell'insenatura con un'acqua limpida e molto fredda.
Il giorno dopo dirigiamo su Porto Kayo. Non sono mai riuscita a capire il fascino di quel porto, anche se è indiscutibile che di fascino ne ha. Ci sono quattro case di cui tre sono ristoranti e più niente. Il supermercato, gestito da un signore che ha già visto molte primavere, vende souvenir improponibili coperti da e da allora non è più stato spolverato dai tempi di Ulisse. Tutto ciò, sovrastato da un monte deserto, dove non cresce nulla, con una strada che scende serpeggiante.
Eppure, se sei da queste parti, non puoi fare a meno di fermarti e di farti salassare il portafogli da uno dei tre ristoranti che ti offrono pesce fresco.
Ripartiamo da Porto Kayo e dirigiamo su Pilos. Arriviamo a Pilos abbastanza provati dal mare che in quel tratto ci ha dato parecchio filo da torcere. Ormeggiamo nel nuovo porto e passiamo lì due notti, proprio a causa del vento.
Quando ripartiamo decidiamo di non fermarci a Katakolon ma di proseguire per Killini, paese che si trova all'imboccatura del canale di Patrasso. Bellissima la navigazione, il mare calmo e il panorama ci accompagnano. Una lunga striscia di sabbia, inusuale per la Grecia, ci accompagna fino quasi all'imboccatura del porto. Su quest'ultimo sarebbe meglio soprassedere. Se non fosse per l'ottima cena gustata in compagnia di altri amici gommonauti che ci avevano raggiunto in serata, sarebbe un posto da dimenticare. La banchina non è curata ed è utilizzata come discarica, la sabbia, il vento e l'umidità hanno fatto il resto sul gommone, che era stato reso lindo e pulito dalle pulizie straordinarie effettuate durante la sosta forzata a Pilos.
Lasciato velocemente Killini ci siamo diretti ad Argostoli, meraviglioso fiordo nella parte sud di Cefalonia.
Anche qui abbiamo avuto la nostra piccola disavventura. Ci siamo recati, impavidi, verso il nuovo porto situato nella baia di fronte al paese. Vuoto. Vuoto? Sì, completamente vuoto, se non per due o tre barchette ormeggiate tutte di traverso negli angoli delle banchine. Tutti contenti ci siamo spaparanzati belli distesi, di traverso, ad occupare il posto di una petroliera con il gommone. Abbiamo capito solo verso sera il perché dell'assoluto deserto ed anche dell'insolito modo di ormeggiare di traverso. Quando è arrivato il maestrale ci siamo resi conto che il porto è stato costruito con l'imboccatura al mare per cui non esisteva ridosso per le banchine. I nostri poveri gommoni erano sbatacchiati a destra e sinistra e ci si è subito resi conto dell'impossibilità di rimanere ormeggiati in quel modo.
I comandanti, allora, veri uomini di mare, sono stati costretti a mettere la prua al mare (il tutto con le tende montate e a furia di braccia, aiutandosi ovviamente con le cime ed avvalendosi dell'aiuto delle donzelle, responsabili di buttare l'ancora nel momento preciso del comando). Il giorno di ferragosto, quindi, a causa del maestrale, lo abbiamo passato ad Argostoli, facendo incetta di souvenir e gustandoci, in un fast-food, aspettando la bellezza di un'ora e quindici minuti prima di essere serviti dai camerieri, un Ghiros Pitta.
Il giorno dopo, incuranti del maestrale che soffiava ancora abbiamo salpato alla volta di Lefkada pensando di passare dalla parte ovest di Cefalonia, ma delle onde alte circa cinque metri ci hanno fatto ben presto cambiare idea, facendoci rientrare a Lefka passando dalla parte est dell'isola.


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